Nutrition • Mangiare sano

Nutrition • Mangiare sano

Panoramica e descrizione

La Nutrizione (Nutrition) è un fattore chiave (o K) dell’area Mangiare (Eat) del Fitness e riguarda tutto ciò che ingeriamo in termini di cibo e nutrienti, nonché integratori, in breve tutto ciò che passa attraverso la nostra bocca per nutrirci ed assolvere alle fisiologiche funzioni organiche. 

Quello che ingeriamo è inteso in termini di quantità, di qualità e di timing. Non è cioè importante solo quanto ingeriamo, ma cosa ingeriamo e in che modo. È noto infatti che introdurre un certo nutriente da una certa quantità di cibo o un’altra, oppure da un certo alimento o un altro, in differente forma, in differenti momenti e in differenti stati psicofisici, produca risposte differenti.

Prendiamo ad esempio 10 g di zuccheri. Assunti come zucchero da cucina produrranno una certa risposta che sarà differente dalla risposta data dall’assunzione di tale zucchero sciolto in mezzo litro d’acqua, a sua volta differente da quella data dall’assunzione di 10 g di zuccheri ottenuti mangiando mezza mela, che differirà da quella prodotta dall’assunzione di 10 g di zuccheri in un momento di agitazione oppure di calma.

Questa diversità è facile da cogliere se si ragiona in termini pratici, piuttosto che restare ancorati a numeri astratti: 10 g di zucchero sono 10 g di zucchero, mentre mezza mela è mezza mela. Due cose differenti che richiedono azioni differenti che produrranno presumibilmente risposte differenti. Allo stesso modo, 10 g di zucchero assunti quando si è già molto attivi probabilmente non sortiranno effetti tangibili rispetto a 10 g di zuccheri assunti quando si è poco attivi.

Questa complessità permette di arrivare alla sensibilità utile per costruire il proprio stile alimentare facendosi domande che nel tempo permettono di capire le scelte più idonee per sé stessi. Ad esempio, se gli stessi 10 g di zuccheri sono utili per una persona con una buona sensibilità insulinica (per dire) per attivarsi in un momento di bassa attività, potrebbero non esserlo per un’altra che però potrebbe beneficiare degli “stessi” (che, per quanto detto, stessi non sono) 10 g di zuccheri assunti mangiando mezza mela. 

Un approccio solo numerico risulta riduzionistico e limitante, non permettendo di arrivare a questo tipo di consapevolezza.

Lo stato ottimale per il Fattore K Nutrition è la condizione in cui ci si sente appagati e sazi ad ogni pasto, avendo percezione di un elevato senso di benessere, senza “sentirsi a dieta” e senza alcun drive verso cibo a cui non si riesce a rinunciare. Valutarsi rispetto a questo stato ottimale significa porsi la domanda:

Ti soddisfa la tua dieta attuale, saziandoti e donandoti senso di benessere, senza sentirti “a dieta” e senza avere drive (consapevole o meno) verso cibo a cui senti di non poter rinunciare?


Lo stato ottimale indica uno stato in cui la dieta è integrata in modo fluido al proprio stile di vita, non qualcosa da seguire o qualcosa di cui ci si ricorda, qualcosa insomma che rende non immediata la risposta alla domanda “Com’è la tua dieta?” così com’è non immediato rispondere alle domande “Quanti atti respiratori fai al giorno?” o “Quante volte hai fatto pipì oggi?”. 

È scritto appositamente che avere consapevolezza alimentare significa non avere immediatezza nella risposta alla domanda relativa a cosa si mangia. Non avere immediatezza significa che “si sa” cosa si mangia, ma “non ci si pensa” - che rientra nel concetto di avere consapevolezza. Avere tale consapevolezza significa anche non avere spinta a mangiare cibi che, una volta iniziato a mangiarli, risulta difficile smettere, sintomo che c’è una lacuna da qualche parte che è bene risolvere.

Da precisare che tale lacuna è di tipo nutrizionale ad ampio spettro, e cioè carenza di nutrienti in termini fisiologici oppure edonici, in maniera integrata e non delineabile in senso netto. Una carenza nutrizionale, ad esempio, potrebbe generare nel tempo una “ossessione” verso il cibo che contiene il nutriente carente; una carenza d’affetto potrebbe generare nel tempo una “ossessione” verso un cibo che dona il comfort tipico di quell’affetto. 

Consigli chiave

I consigli chiave per il Fattore K Nutrition si basano sull’analisi di dati accumulati nel tempo che ci hanno fornito i consigli “più usati” perché più facilmente implementabili e più efficaci. Ovviamente, sta a te ampliare nel tempo questi consigli, rendendoli più specifici o avanzati, o crearne di nuovi tramite la metodica di lavoro tipica di Never Diet (cioè chiedendoti come i vari fattori K interagiscono tra loro). 

Mangia pochi carboidrati prima degli impegni.

Il termine pochi è da intendere qui in chiave relativa. Se sei una persona che ha bisogno di un totale giornaliero di 200 g di carboidrati al giorno, quel “pochi” corrisponderà ad esempio 50 g di carboidrati; se sei una persona che ha bisogno di 600 g di carboidrati al giorno, quel “pochi” corrisponderà ad esempio a 150 g di carboidrati (i rapporti sono simili: 50 ÷ 200 è uguale a 150 ÷ 600).

Quel rapporto relativo è solo di esempio, nel tempo tu dovresti trovare il tuo. Il senso di questo consiglio è farti capire che nelle ore precedenti gli impegni - sia fisici che mentali - è meglio evitare pasti ricchi e densi di carboidrati. Piuttosto, i carboidrati andrebbero assunti successivamente all’impegno. In questo modo, puoi anche fornirne le giuste dosi: se l’impegno che avrai non è predeterminato (e quasi tutti non sono predeterminati, allenamento compreso, se ti basi su un approccio intelligente come l'auto modulazione), non puoi predeterminare una dose “giusta” di carboidrati.

Lasciare l’organismo più scarico di carboidrati permette di mantenere una buona flessibilità del metabolismo. Quest’ultima è la capacità dell’organismo di passare prontamente da un metabolismo all’altro (“brucia grassi” ←→ “brucia zuccheri”). Poiché per natura tendiamo a conservare, la flessibilità metabolica è facilmente scompensabile in favore di una modalità “brucia zuccheri” e una difficoltà a “bruciare i grassi”. È sempre più facile che l’organismo sia avido di zuccheri, che non portarlo a essere avido di grassi.

Avere un metabolismo “brucia grassi” è però utile e vantaggioso da diversi punti di vista - salute generale, dimagrimento, focus mentale, prontezza energetica - ed è bene mantenere questa qualità metabolica nel tempo. Quando il tuo corpo inizia a “carburare a grassi”, ti rendi conto di avere energie più costanti. Inoltre, il corpo in modalità “brucia grassi” conserva in modo più efficiente i carboidrati conservati nei muscoli: potrai affrontare gli impegni, anche fisici, e poi ripristinare quelle scorte di carboidrati (sotto forma di glicogeno) assumendone dosi mirate dopo.

Aggiungi i carboidrati dopo l’esercizio fisico.

I frangenti dopo l’allenamento / l’esercizio fisico rappresentano il momento perfetto per assumere relativamente più carboidrati. Ribadiamo qui che per “allenamento” si intende un impegno strutturato che richiede l’uscita dalla propria comfort zone per raggiungere un certo risultato più o meno specifico. Non è allenamento la camminata o corsetta di 20 minuti per prendere un po’ d’aria, è allenamento la serie di circuiti a corpo libero compiuti 3 volte a settimana dove ogni volta si tende a fare un po’ di più o qualcosa di più avanzato.

Il motivo per cui è meglio assumere i carboidrati dopo l’impegno fisico è perché continuando a tenere l’organismo a bassi carboidrati durante, si permette di continuare ad agire sul mantenimento di una buona flessibilità metabolica. Assumerli dopo, invece, permette che essi “vadano a finire” nel tessuto muscolare attivato durante l’allenamento, sia per recuperare le scorte di glicogeno (il modo in cui vengono conservati i carboidrati nei muscoli), sia per agire sul versante di “ricostruzione e riparazione” muscolare.

Infatti, l’azione dei carboidrati assunti dopo l’allenamento non è meramente di “riempimento”, ma è un’azione diretta su alcune componenti cellulari che controllano i processi di riparazione e sintesi proteica. Il fatto di aggiungere delle proteine agisce in parte su questi processi; l’aggiunta supplementare di carboidrati permette degli effetti aggiuntivi. Possiamo dire che, mentre le proteine agiscono premendo sull’acceleratore, i carboidrati agiscono togliendo il freno che, prima dell’assunzione della combinazione proteine + carboidrati, agiva sulla sintesi proteica.

Con la sintesi proteica è come avere una fontana continuativa: le proteine vengono demolite (acqua che esce) e ricostruite (acqua che entra) continuamente, e il bilancio nel tempo resta pressoché alterato. Con l’allenamento, si aumenta la capienza della fontana. Mettendo più acqua (aumento delle proteine) e riducendo le uscite in modo temporizzato (aumento dei carboidrati vicino o dopo l’allenamento) si può riempire maggiormente la fontana.

Indicativamente, per ogni ora di impegno fisico, occorrono da 0.5 a 1 g di carboidrati (intesi come nutriente) per kg di peso ideale aggiuntivi per il ripristino delle scorte utilizzate. 0.5 - 1 g di carboidrati corrispondono a circa 1 - 1 e ½  porzioni di alimenti a prevalenza di carboidrati se usi il sistema visivo o delle porzioni (1 porzione è pari alla tua altezza - 100). Quindi, nelle 3-5 ore dopo allenamento, è buona cosa aggiungere al primo pasto utile 1 - 1 e ½  porzioni di alimenti a prevalenza di carboidrati extra (se la tua altezza è 170 cm, ad esempio, si tratta di aggiungere 70-100 g di alimenti densi di carboidrati, come la pasta o il riso). 

Mangia di più quando puoi rilassarti.

È importante comprendere che il nostro corpo non è sempre in grado di “digerire, assorbire e distribuire” allo stesso modo durante la giornata (e, per estensione, tra giornate diverse). Hai mai notato che quando sei in vacanza o comunque in occasioni in cui ti svaghi e ti rilassi, sembra che anche gli alimenti che in altri momenti ti generano fastidi digestivi o intestinali vadano giù senza problemi? Non possiamo stabilire in maniera assoluta quando assumere i vari alimenti e pasti, ma possiamo basarci su un approccio più pragmatico: guardare alle “nostre” attivazioni.

Ognuno, nella sua giornata, vive dei picchi e dei cali di energia. L’andamento tipico è questo: picco di energia 2-3 ore dopo il risveglio, calo a 6-8 ore dal risveglio, un nuovo picco a 3-4 h dopo e poi il calo che porta all’assopimento serale. In termini orari di una persona che si sveglia intorno alle 7, questo significa un primo picco alle 10, un calo alle 15, un picco alle 17 e poi il calo che porta all’assopimento serale. Ciò significa che in termini ideali i pasti più abbondanti dovrebbero essere a metà e fine giornata; negli altri momenti dovrebbero essere leggeri.

Non per tutti però è così ed è giusto che ognuno trovi la sua “frequenza” per i pasti più abbondanti, fino al limite di un solo pasto “in relax” al giorno. Ad esempio, una persona potrebbe svegliarsi, fare un pasto frugale, iniziare la sua giornata, fermarsi in pausa pranzo per un pasto nutriente ma leggero e arrivare a cena per rilassarsi e fare il pasto più abbondante della giornata. Al contrario, chi inizia la sua giornata più tardi, potrebbe avere più relax al mattino, mettere lì il pasto più abbondante, quindi procedere nella sua giornata con piccoli pasti nutrienti ma digeribili.

In linea di massima, fai una panoramica dei tuoi momenti di attivazione e relax, così da piazzare i pasti in accordo con essi e non a fantomatici “orari” che ti hanno detto essere migliori di altri. Nei momenti di attivazione, ricorda, è bene fare pasti sì nutrienti, ma leggeri (cioè che non impegnano il sistema gastrointestinale al punto che se fai una passeggiata a passo svelto hai fastidi); mentre, nelle fasi di relax, quando poi puoi permetterti un lieve assopimento o - se si tratta della sera - sei nelle fasi prima dell’addormentamento, metti il pasto più abbondante e ricco.

Assapora a fondo ciò che mangi.

La nutrizione va vista non solo come il complesso dei processi organici che consentono la sopravvivenza, ma anche come l’insieme di esperienze e sensazioni che l’atto di mangiare ti fornisce. Nutrizione, quindi, in senso completo (se vuoi, di corpo, mente e spirito): le necessità che soddisfi nutrendoti non possono ridursi soltanto a quelle puramente fisiologiche. Se, quando mangi, non ti soffermi anche sull’aspetto esperienziale che ti fornisce (attivazione di emozioni, ricordi…), l’atto del mangiare non ti darà quella soddisfazione e quel piacere che invece ti darebbe se prestassi più attenzione.

Per fare questo, è bene capire come concentrarti su quello che stai mangiando, quando lo stai mangiando, e che esperienze ti dà. È utile capire che tutti i sensi concorrono all’insieme di sensazioni e percezioni che ti fanno dire che un pasto è “un buon pasto”. Per prendere consapevolezza di tutto questo, inizia a fare attenzione a tutti i sensi nel momento in cui mangi: del cibo che stai mangiando, prova a fare attenzione a consistenza e temperatura, all’odore, addirittura al rumore che fa quando lo spezzi o mastichi (pensa al “crock” tanto gradevole di alcuni alimenti); trattieni il cibo in bocca per lasciare il tempo agli aromi di sprigionarsi e per percepire tutti i retrogusti. 

Non è necessario fare questo ogni volta come se fossimo a una gara di cucina gourmet: tutto ciò è utile per aumentare la tua consapevolezza e rendere la tua esperienza di gusto sempre più completa e “fine” nel tempo. Anche un semplice spuntino può diventare un'esperienza sensoriale a tutto tondo, a patto - ovviamente - che non sia veramente a base di alimenti “fittizi” che il mondo nutrizionale ti ha messo in testa che tu devi mangiare se vuoi stare bene e in forma. 

Il fatto di assaporare a fondo ciò che stai mangiando ti permetterà di poterti basare su alimenti non “ingegnerizzati”. Gli alimenti “ingegnerizzati” sono quelli costruiti dall’industria alimentare per soddisfare il nostro bisogno di sentirci appagati mangiando, proprio perché, in un mondo sempre più frenetico, ci dimentichiamo di viverci l’esperienza di nutrirci in questo modo. Pur non consigliandoti di mangiare cibo triste e sciapo, il cibo “vero” ha la caratteristica di non modificare i tuoi sistemi di percezione del gusto al punto da darti delle scariche come riescono a farlo alcune droghe. Questo fa sì che assaporarlo a fondo sia il vero modo per trarne sia sazietà che soddisfazione.

Fai passare 2 ore tra pasto e sonno.

Lasciar passare un paio d’ore dopo l’ultimo pasto prima di andare a dormire evita che la digestione risulti compromessa. I processi digestivi sono infatti sfavoriti dalla posizione distesa, sia perché la gravità è uno dei fattori che indirizzano il cibo nella giusta direzione lungo l’apparato digerente, sia per via di meccanismi (produzione di ormoni e altri fattori influenti sulla digestione) che cambiano tra veglia e sonno.

Nota che uno dei consigli presenti in questa guida riguarda fare il pasto più abbondante nel tuo momento di relax, che potrebbe coincidere con l’ultimo pasto della giornata e cioè il pasto prima di andare a dormire. Ma, appunto, relax non significa sonno: il modo in cui il tuo corpo funziona tra lo stato di veglia (anche se rilassato) e quello di sonno è molto differente. Se ti addormenti quando il tuo stomaco sta ancora lavorando a pieno ritmo, potresti riscontrare problemi quali pesantezza e rallentamento della digestione, nonché reflusso. Le difficoltà digestive, a loro volta, potrebbero influire sulla qualità del sonno. 

Perché proprio 2 ore? Bastano per digerire tutto? Le 2 ore sono indicative e no, non riguardano la digestione completa del pasto. Riguardano la situazione in cui il “picco” di lavoro da parte dello stomaco è passato e la digestione avviene da quel momento in modo più soft. Questo cambia anche la quantità di sangue che passa attraverso il sistema gastrointestinale (nelle prime due ore viene aumentata drasticamente; poi viene “rinormalizzata”), riducendo quello che arriva al cervello. Poco sangue al cervello significa anche meno ossigeno e questo inficia sull’ingresso del cervello stesso nelle fasi di sonno profondo utili perché il sonno stesso sia ristoratore.

Aspettare almeno quelle 2 ore prima di andare a dormire non vuol dire però che tu debba andare a letto più tardi, cosa che, soprattutto se sei un cronotipo mattutino, comporterebbe un sonno ancor meno ristoratore. Cerca piuttosto di anticipare l’ultimo pasto della giornata. Tra le altre cose, questo richiederà una riorganizzazione degli impegni, e ti permetterà di ritagliarti un momento di relax per completare tutte le tue routine preparatorie prima di andare a dormire. Se proprio dovessi fare tardi, ricorda in ogni caso che è sempre preferibile la quantità di sonno alla sua quantità - se si tratta di occasioni sporadiche.

Mangia senza tivù, smartphone, giornale.

Spesso ci si ritrova ad avere delle giornate talmente frenetiche da sembrare che l’unico momento buono per riuscire ad informarsi (o dare una sacrosanta scrollata al feed dei social) sia quello in cui ci si ferma per mangiare. Quando mangi facendoti distrarre da notiziari, social network, video e così via ti stai facendo uno sgarbo. Perché se indirizzi la tua concentrazione verso qualcosa che non è il cibo, ti perdi l’esperienza di sensazioni e percezioni che il cibo stesso ti darebbe. 

Se vogliamo restare il più realistici possibili, non è che devi per forza spegnere tutto e isolarti mentre mangi, ma fare che tutti gli stimoli esterni all’atto del mangiare siano marginali (non mettere un programma tivù che ti appassiona e prende; evita di scorrere notizie che richiedono concentrazione, piuttosto fruisci contenuti di intrattenimento; non buttarti in chat infuocate, piuttosto in conversazioni leggere e amichevoli). 

Mangiare distratti diventa un atto automatico, un po' come quando sali in auto e ti ritrovi al lavoro senza nemmeno che ti rendi conto di aver percorso quella strada. In questo modo o rischi di mangiare più quanto dovresti oppure, se avevi già programmato cosa mangiare, rischi di finire senza gusto né soddisfazione per il pasto fatto.

Tieni inoltre a mente che gli stimoli esterni possono distrarti a tal punto da “attivarti” (lo smartphone in particolare, e gli schermi in generale, forniscono all’organismo un segnale di arousal, attivazione). Questa attivazione è de-sincronizzata da quello che servirebbe per meglio assorbire e digerire (nonché gustare e assaporare ) il cibo che mangi. Quando mangi è bene che il corpo si trovi in condizioni di relax, per questo motivo sarebbe meglio avere consapevolezza su tivù, smartphone, notiziari e così via.  

Evita i carboidrati quando hai più energia.

Nei momenti in cui ti senti già al pieno di energie, evita i (troppi) carboidrati. Il tuo corpo in quel momento sta “funzionando bene”, fornire carboidrati significherebbe rompere una sincronia utile per diversi aspetti. Ad esempio, probabilmente in quel momento il metabolismo è in modalità “brucia grassi”, utile praticamente per qualsiasi contesto per stare bene e in forma: fornire carboidrati in quel momento significa invertire questo metabolismo portandolo a “brucia zuccheri”. 

Quindi, introdurre pochi carboidrati permette all’organismo di continuare a fare affidamento sui grassi per le sue richieste energetiche, mantenendo attivi tutti i processi metabolici necessari a tale scopo. Se sei a digiuno e senti comunque tanta energia vuol dire che il tuo corpo sta sfruttando adeguatamente gli acidi grassi, e non avrebbe senso chiedergli uno switch verso il metabolismo dei carboidrati. Non pensare che questo sia utile soltanto nei periodi di perdita di grasso, quando si vuole spingere sul “bruciare i grassi”. È utile in tutta la nostra vita perché la nostra “salute metabolica”, caratterizzata dalla capacità dell’organismo di avere ottima efficienza nell’utilizzo degli acidi grassi, è essenziale per stare bene e in forma.

Attenzione, questo consiglio non implica che tu debba stare in chetogenica per sfruttare i grassi, ma che tu usi delle finestre temporali a basso contenuto di carboidrati per mantenere efficiente il meccanismo di conversione dei grassi in energia, in modo che il tuo corpo sia in grado di usare entrambi i substrati. Questa è la famosa flessibilità metabolica. Se dovessimo metterla in un proverbio, “Finché la barca va, lasciala andare”: in un momento in cui hai una certa attivazione / energia, potresti anche sentire fame; ciò non vuol dire che ci sia bisogno di mangiare (valuta questo più dai cali di energia e focus, che dalla sensazione di fame alla bocca o allo stomaco).

Non farti disturbare mentre mangi.

Mangiare è una cosa seria, che merita il suo tempo e il suo spazio. Non dovresti permettere agli altri di disturbarti (nota: disturbo e compagnia sono due cose ben diverse) mentre ti dedichi a preparare, cucinare, assaporare e digerire il tuo pasto - specie quello più “pieno”, inserito proprio nei momenti di relax. Non farsi disturbare significa tenere tutto il mondo fuori, questo vale anche se stai mangiando con persone care con cui magari dovete parlare di qualcosa di importante: riservate il discorso ad altri momenti. 

I “disturbi”, infatti, fanno sì che la nostra mente si attivi e rivolga la sua attenzione ad essi; il nostro corpo, in questa situazione, è meno predisposto all’assunzione, l’assorbimento e la digestione di cibo. Non a caso, molti proverbi e detti relativi a dispute e litigi includono qualcosa che ha a che fare con la digestione o gli organi della digestione (“Farsi il fegato marcio” “Mi fai venire l’acido” “Mi fai andare le cose di traverso” “Non mi va giù” “Mi ha chiuso lo stomaco” etc.): se qualcosa ci infastidisce o richiede la nostra attenzione in termini cognitivi ed emotivi, è difficile che il pasto che faremo sarà “un buon pasto”.

Il momento del pasto - per lo meno quello “in relax” - dovresti prenderlo come un vero e proprio impegno con te stesso e con eventuali tuoi commensali. Una telefonata, un incontro, un impegno, possono aspettare e non dovrebbero accavallarsi col pasto stesso: crea spazio e tempo per mangiare, metti via lo smartphone, evita discorsi difficili, e in generale fa in modo che tutta la tua attenzione sia verso il cibo che stai mangiando.

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