Sei consapevole di esserlo? Consapevolezza e MAAS test
Questo articolo ti fornisce qualche consiglio per (iniziare ad) avere più consapevolezza, nonché ad accorgerti “dove ti trovi” e “come stai” in termini di consapevolezza.
Conoscenza, coscienza, consapevolezza
Prima di partire, occorre fare delle precisazioni. Quando si parla di consapevolezza è facile fare confusione di termini, che porta poi a confusione di concetti, tra conoscenza, coscienza e consapevolezza.
La conoscenza è il semplice sapere qualcosa, la presenza di una nozione relativa ad un certo ambito (“Io conosco la parola ‘cane’”). La coscienza è il “prodotto” dell’attività del nostro cervello che ci permette di riconoscere un “Io”, definito dal mondo esterno e dagli altri. La consapevolezza è ciò che ci permette di osservare il nostro “Io” mentre si comporta - beh - come il nostro “Io”. Pensa alla consapevolezza come a uno specchio che ti permette di vederti mentre vivi e “posarti” su quanto stai vivendo.
Questa è una semplificazione. Su coscienza e consapevolezza ci sono più che tonnellate di scienza e ricerche e siamo ben lontani da dare definizioni precise. Ma ora, in questa sede, per iniziare a maturare consapevolezza, ti basti sapere che essa è ciò che ti permette di vederti mentre sei “tu”.
Se hai prestato attenzione o, meglio, hai consapevolizzato quanto hai appena letto, avrai notato che mentre leggevi potevi osservare ciò che le parole lette generavano dentro di te. L’importanza della consapevolezza non sta solo nel fatto che, una volta che possiamo osservarci, possiamo modificare i nostri comportamenti per orientarli a certi obiettivi. La sua importanza sta anche nel fatto che, mentre ci osserviamo, ci stiamo già modificando: se ti osservi pensare, non stai più “pensando e basta”, ma stai pensando mentre ti osservi. Siccome vivi dentro di te, stai - quindi - modificando il tuo pensiero per il solo fatto che lo stai osservando.
In ambito benessere e forma fisica si parla quasi sempre di cosa fare per migliorarsi - dimagrire, stare meglio, etc. - quando, in realtà, il solo “atto” di rendersi consapevoli permetterebbe un cambiamento “automatico” senza necessariamente imporsi programmi, diete e schemi. Se vuoi migliorare la tua forma fisica, ad esempio, il primo passo non è avere più informazioni di quelle che hai (potresti già averne troppe, visto il mondo super-informatizzato in cui viviamo), ma acquisire la consapevolezza necessaria per “paragonare” il tuo stile di vita attuale con quello che tu stessa/o riterresti anche solo “un po’” migliore per avere certi obiettivi. L’acquisizione di informazioni più adeguate è un passo successivo.
Come ho fatto ad arrivare qui?
Ti è mai capitato di guidare per diverso tempo senza renderti conto di dove stavi andando, ma arrivando comunque a destinazione? Magari eri sovrappensiero e hai guidato fino al lavoro o fino a casa o fino al luogo in cui dovevi andare di cui sai bene l’itinerario e, una volta sul posto, hai esclamato “Come ho fatto ad arrivare qui?”.
Ecco, questo è un esempio di mancata consapevolezza sul tragitto che hai seguito (e anche sull’atto del guidare). E non c’è niente di male, in effetti: hai risparmiato energie, visto che quell’itinerario è interiorizzato in te e guidare è ormai un atto automatico. Non ti serve pensarci su e pensarci probabilmente ti farebbe sprecare energie mentali, che hai infatti dedicato ad altro (“essere sovrappensiero” sembra proprio indicare che stavi pensando ad altro).
Devi vivere qui e ora?
È importante fare il distinguo tra quando è bene fermarsi a riflettere per acquisire consapevolezza e quando, invece, lasciare che le cose scorrano in quanto già interiorizzate. Ti diciamo questo perché purtroppo, troppo spesso, l’approccio di “mind coach” e corsi di “mindfulness” (e altro) sembra suggerire che tu debba esserci in ogni momento. “Vivi nel qui e ora” è un mantra che, se generalizzato in senso assoluto, sembra suggerirti che non debbano esistere pianificazioni sul futuro, con tutte le (giuste) preoccupazioni, ansie, paure del caso, o rimuginazioni sul passato con tutti gli “Avrei potuto…”, che invece spesso possono essere utili come feedback per “correggere” il tiro su qualcosa che senti di poter fare meglio in futuro.
Fa’ attenzione a questa generalizzazione, perché potrebbe portarti a un inutile spreco di energie mentali che potresti dedicare ad altro. L’esempio della guida torna a pennello qui: non è che devi in ogni momento pensare a come bisogna guidare, visto che hai imparato a guidare proprio per permetterti di farlo senza pensarci su.
Quando avere consapevolezza?
Da quanto appena detto deriva la domanda “Quando, allora, bisognerebbe esercitare riflessione attiva?”. Facciamo un passo indietro, con una certa dose di semplificazione per non fare un trattato sulla consapevolezza. A cosa dovrebbe servire fermarci a riflettere, e perché non possiamo vivere il flusso della vita così come viene? Per rispondere, serve dare un contesto.
Il contesto è quello della vita che conduciamo nella società odierna. Un cacciatore-raccoglitore ancestrale non aveva tanto bisogno di “consapevolezza”. Il suo comportamento era una serie ripetuta di risposta agli stimoli: ho fame → cerco cibo; ho paura → mi nascondo; ho sonno → dormo; ho sete → cerco acqua; vedo un pericolo → scappo via. Lo sviluppo della consapevolezza in noi come specie (potremmo dire che ad un certo punto della nostra storia evolutiva sia “nata” la consapevolezza) è probabilmente dovuto al fatto che gli esseri umani non hanno chissà quali caratteristiche speciali come predatori o prede: non siamo poi così veloci, forti o leggeri. Abbiamo dovuto sviluppare la capacità di riflettere sulla risposta agli stimoli per non morire sbranati o per procurarci da bere e da mangiare prima che fosse troppo tardi.
Nel mondo odierno, se vivessimo momento per momento il flusso delle cose così come viene, moriremmo nel modo opposto: faremmo provviste di cibo molto oltre le nostre necessità, mangeremmo molto oltre ciò che ci serve, conserveremmo il più possibile energie con la sedentarietà, ci lasceremmo andare in un continuo high da dopamina progressivamente più elevato. Se non fossero il diabete, l’infarto e l’obesità a ucciderci, probabilmente attueremmo comportamenti ad alto rischio di morte perché magari sarebbero gli unici rimasti a darci la scarica di adrenalina e dopamina che agogniamo.
Per questo, oggigiorno, “ci tocca” sviluppare consapevolezza esattamente come ci tocca fare esercizio fisico programmandolo in maniera attiva - visto che non ci serve più fare sforzi fisici imponenti e/o prolungati per procacciarci il cibo. Per quanto riguarda il quando, possiamo indentificare quindi due situazioni in cui è bene fermarsi a riflettere per sviluppare consapevolezza:
Qui e là nella giornata / settimana come esercizio base per sviluppare consapevolezza.
Quando si sente di avere qualcosa da migliorare e serve capire cosa sia e come migliorarlo.
Il secondo punto, come puoi notare, deriva dal primo: non puoi essere consapevole che qualcosa non va se non sei consapevole in generale (a meno che quel “qualcosa che non va” non sia un problema che è ormai pesante). Ovvero, se non ti fermi mai ad osservarti con sguardo ampio e globale, non potrai mai vedere quello che per te potrebbe essere migliorato.
Esempio: se la tua auto “va”, ma “potrebbe andare meglio”, non puoi saperlo finché non ti fermi per fare un check. A parte problemi che riducono o azzerano le funzionalità dell’auto (guasto al motore, ruota a terra, etc.), per i quali devi necessariamente fermarti, finché non fai un check senza un motivo preciso, non puoi migliorare quel che potrebbe essere migliorato.
Check di consapevolezza
I paragrafi precedenti dovrebbero averti fatto capire che per sviluppare consapevolezza non devi avere un obiettivo preciso. Devi semplicemente fermarti a riflettere: nel momento in cui ti osservi e fai luce su di te, puoi vedere quali sono i punti d’ombra, capire perché ci sono o semplicemente renderti consapevole della loro presenza. Il nostro consiglio è prenderti un momento preciso all’interno della giornata o della settimana (possono bastare pochi minuti), semplicemente per riflettere sulla direzione che stai seguendo. Puoi, ad esempio, fare mente locale su:
l’obiettivo che stai cercando di raggiungere attualmente;
le capacità che hai e quelle da acquisire per raggiungerlo;
il ritorno che otterrai quando raggiungerai l’obiettivo.
Il MAAS test
Puoi fare anche un passo aggiuntivo e “quantificare” la tua consapevolezza, con uno strumento che si chiama MAAS test: Mindfulness Attention Awareness Scale Test, e cioè il test che ti dà un’indicazione (uno score, un punteggio, appunto) su presenza, attenzione e concentrazione che presti mediamente nella tua vita.
Il MAAS test consiste in una serie di 15 affermazioni a cui assegnare un punteggio che va da 1 (“Quasi sempre”) a 6 (“Quasi mai”) in base alla frequenza con cui ti trovi in certe situazioni. Alla fine si fa la media: più è basso il punteggio, più è scarsa la consapevolezza; più è alto, più sei consapevole.
Le 15 domande sono le seguenti:
Mi capita di provare qualche emozione e di esserne consapevole solo tempo dopo averla provata.
Rompo o dimentico le cose per mancanza di attenzione, distrazione o pensando a qualcos'altro.
Trovo difficile restare concentrato su quello che accade nel qui ed ora.
Tendo a camminare velocemente per arrivare alla meta senza prestare attenzione lungo la strada.
Non avverto le sensazioni di tensione fisica o di fastidio finché queste non attirano necessariamente la mia attenzione.
Dimentico il nome di una persona quasi subito dopo averla sentita.
Mi sembra di agire “automaticamente” senza molta consapevolezza di ciò che sto facendo.
Eseguo di corsa tutte le attività quotidiane senza prestare attenzione.
Sono talmente concentrato sull'obiettivo che voglio raggiungere che perdo il contatto con quello che sto facendo al momento per arrivarci.
Svolgo un lavoro o un compito in modo automatico, senza essere consapevole di quello che sto facendo.
Mi ritrovo ad ascoltare qualcuno con un orecchio facendo un’altra cosa contemporaneamente.
Guido con il pilota automatico e poi mi chiedo come mai sono andato in quel luogo.
Mi preoccupo del passato e del futuro.
Mi ritrovo a fare delle cose senza consapevolezza.
Faccio uno snack e non mi rendo conto che sto mangiando.
Stare male, stare bene
Tra le domande più frequenti che ci facciamo quando ci incontriamo, probabilmente la maggior parte delle volte più per gentilezza e simpatia che per reale interesse è “Come stai?”. Tra le risposte più frequenti che diamo vi è “Bene”, in contrapposizione a “Male”. Come esistessero soltanto questi due stati. Naturalmente, la risposta è spesso data senza - appunto - consapevolezza, automatica, stereotipata, però ci fa capire una cosa più profonda: che non è immediata la consapevolezza che ci siano delle “gradazioni” nello stare male o stare bene, a cui dovremmo prestare attenzione.
Fare il “check” della propria consapevolezza, infatti, serve proprio a questo. Al di fuori di uno stato di malattia, dove ci accorgiamo tangibilmente che qualcosa non va (per via di una vera e propria disabilità, o - andando nel versante più leggero - di sintomi, segni e fastidi), c’è uno stato di neutralità in cui non possiamo accorgerci di essere in quello stato finché non ci facciamo delle domande. Il MAAS score ci aiuta in questo perché, fatta la media delle risposte, ci permette di capire dove ci posizioniamo. Ci permette anche di capire, nel caso ci venga in testa di migliorare il nostro benessere o la nostra forma fisica, quale dovrebbe essere il prossimo passo da fare. L’immagine qui sotto sintetizza il discorso:
Spesso in campo fitness e benessere ci si lancia dietro alle diete per moda e per il bisogno indotto di rincorrere il benessere, quando in realtà ci si trova in uno stato di neutralità in cui basterebbe aumentare la propria consapevolezza e dedicare le proprie energie ad azioni più pratiche ed utili rispetto a un arzigogolato “schema dietetico”.
Il consiglio, dunque, ogni volta che ti viene in mente di “cambiare qualcosa” del tuo stile di vita con l’idea di migliorare il tuo benessere e la tua forma fisica, è fare un check della tua consapevolezza.