Effetto ritardato dell’allenamento: perché migliori “dopo”
A volte ti alleni bene, fai tutto “giusto”… eppure le performance scendono, la sensazione è pesante, la voglia cala. Il punto è che l’allenamento non produce un effetto unico: produce adattamenti e produce fatica. E questi due effetti non hanno la stessa curva nel tempo.
Se non tieni conto di questo, rischi di fare l’errore più comune: valutare un ciclo mentre sei ancora dentro la sua fatica. E cambiare programma proprio quando stavi per raccogliere i risultati.
Per chi è
Se ti succede spesso di sentirti “peggio” dopo settimane buone.
Se alterni fasi in cui spingi forte e fasi in cui “non ti esce niente”.
Se ti alleni con una certa continuità e vuoi capire quando aspettare e quando invece cambiare rotta.
Non è per te (o non adesso)
Se sei all’inizio assoluto: in quella fase la risposta è più “diretta” e ti serve soprattutto costanza.
Se hai dolore persistente, infortuni, o sintomi sistemici (febbre, calo drastico dell’appetito, stanchezza anomala): prima si fa chiarezza.
Se stai usando l’allenamento come valvola di sfogo e stai spingendo sempre a prescindere: qui serve prima un reset di regole.
In breve
Il modo più semplice per capirla è così:
Ogni allenamento crea fitness (adattamento) e fatica.
La tua “prontezza” (preparedness) è la somma di questi due after-effect: uno ti spinge su, l’altro ti tira giù.
La fatica tende a risolversi prima, gli adattamenti restano più a lungo.
Quindi è normale che una fase “dura” ti faccia peggiorare prima di farti migliorare.
Se vuoi vedere l’effetto reale, devi mettere in conto scarichi, taper, settimane di restituzione.
Se ti interessa il quadro più ampio, questa logica è collegata a come gestisci stress e recupero nel sistema: vedi anche Stress → Relax → Adapt e Stress & fatigue management.
Princìpi
1) Il modello “fitness–fatigue”
Un modo utile di leggere l’adattamento è il cosiddetto fitness–fatigue paradigm: la tua preparedness è la somma di due after-effect dell’allenamento, fitness e fatigue, che hanno effetti opposti. L’implicazione pratica è netta: ottimizzi la preparedness quando massimizzi il guadagno di fitness riducendo la fatica inutile.
Come leggere il modello
Immagina che ogni workout accenda due “curve” contemporaneamente:
la curva fatigue (fatica) sale subito e poi scende abbastanza in fretta;
la curva fitness (adattamento) sale più lentamente e scende più lentamente.
La tua preparedness (prontezza) è il risultato netto: fitness – fatigue.
Questo spiega due cose che altrimenti sembrano contraddittorie:
puoi allenarti bene e vedere la performance peggiorare nel breve, perché la fatica sta coprendo l’adattamento;
quando scarichi, la fatica cala più rapidamente della fitness, quindi la preparedness rimbalza e il miglioramento “appare”.
Regola pratica: non giudicare un blocco nel suo picco di fatica. Giudicalo dopo uno scarico vero (meno volume e/o meno densità e/o meno prossimità al cedimento). Se dopo lo scarico non rivedi mai segnali buoni, allora non è “effetto ritardato”: è che il blocco non sta funzionando (o non stai recuperando).
2) Il miglioramento non è istantaneo: emerge nello scarico
Se alleni forte e in modo ripetuto, è facile che nel breve tu veda un decremento (perché la fatica domina). Quando riduci carico e densità, l’effetto ritardato emerge: la fatica scende, la fitness resta e la preparedness risale.
Questa è la ragione per cui i programmi sensati non sono “sempre su”: hanno onde, scarichi, e finestre di test.
Cosa dicono le evidenze
1) La logica dei cicli: spesso 4 settimane non è magia, è fisiologia + pratica
Una parte della letteratura e della tradizione del training converge su un’idea: organizzare il lavoro in cicli di ~4 settimane può essere una finestra utile per integrare risposte e gestire l’accumulo di fatica. Il consenso è una finestra di 4 (±2) settimane per sovrapporre effetti ritardati e integrare target diversi.
Non significa che “devi” fare mesocicli da 4 settimane: significa che se cambi obiettivo ogni 5 giorni rischi di non lasciare tempo al sistema di consolidare nulla; se invece ripeti per settimane senza variazione, rischi monotonia e stagnazione.
Se vuoi leggere questo tema in chiave di complessità che diventa pratica, vedi anche Complexity training.
2) Overreaching pianificato e miglioramenti “dopo”
Le evidenze citano che strategie di overreaching pianificato (aumenti periodici del volume di carico) possono essere associate a miglioramenti di performance 2–5 settimane dopo il ritorno a un carico normale, coerentemente con l’idea di effetto ritardato.
Questa è una leva potente, ma con una premessa: non è roba da usare “a caso”. Se non sai scaricare, monitorare e recuperare, l’overreaching diventa solo over.
3) Effetto ritardato “lungo” (LDTE) nei blocchi concentrati
Nelle strategie più avanzate (tipo “conjugate sequence”), l’idea è spingere forte su un target per settimane e poi sfruttare una fase di restituzione in cui la performance rimbalza. Le evidenze descrivono la long-term delayed training effect (LDTE): la durata può essere circa pari al blocco concentrato e può stare grossolanamente tra 4 e 12 settimane, in funzione di volume e recuperabilità individuale.
Di nuovo: utile da capire, non da copiare.
In pratica
Qui l’obiettivo è: smettere di giudicare l’allenamento “a sensazione di giornata” e iniziare a leggerlo su un orizzonte compatibile con l’adattamento.
Step 1 — Scegli 1–2 indicatori, non 12
Esempi:
1–2 performance marker (es. 5RM squat, tempo su 1 km, ripetizioni tecniche a un certo carico)
1 marker di “costo” (RPE globale della settimana, qualità del sonno, DOMS percepiti)
Se vuoi essere minimale, usa solo questo: performance + qualità del sonno.
Step 2 — Costruisci un microciclo “che scarica davvero”
Una forma semplice e spesso sufficiente:
2–3 settimane di progressione (volume o intensità o densità)
1 settimana di scarico
Scarico vuol dire meno stress totale, non “stesso stress ma più veloce”.
Step 3 — Allena duro, ma non confondere duro con caotico
Se il tuo problema è che spingi tanto e recuperi poco, la leva non è aggiungere esercizi. È gestire densità, frequenza e prossimità al cedimento.
Su questo tema, spesso “meno ma meglio” batte “più e sempre”: vedi Train less, get more.
Step 4 — Testa dopo lo scarico, non durante
Regola pratica:
se sei in pieno accumulo e i numeri scendono, non è automaticamente “programma sbagliato”
se dopo uno scarico sensato i numeri non risalgono mai, allora sì: va rivisto il blocco
Step 5 — Se vuoi usare l’effetto ritardato, devi proteggere il recupero
Non è romantico, ma è reale: sonno, stress e alimentazione modulano quanto “pulita” è la curva fatica → recupero.
Se qui sei fragile, vai a consolidare le basi prima di fare programmazioni avanzate.
Segnali da osservare (e quando fermarsi)
Segnali compatibili con “fatica gestibile”
performance altalenante ma non in caduta libera
DOMS presenti ma non invalidanti
fame e sonno “normali”
umore un po’ più irritabile, ma recupera nello scarico
Segnali che ti dicono “stai andando oltre”
calo netto e continuo delle performance per 2–3 sedute simili
sonno che peggiora (addormentamento, risvegli, non recuperi)
dolore articolare o tendineo crescente
apatia, ansia, irritabilità che non si risolve con 3–5 giorni più leggeri
Se ti riconosci qui, la mossa non è stringere i denti: è ridurre carico, rimettere ordine e, se serve, farti seguire.
FAQ su Effetto ritardato dell’allenamento
“Se oggi sto peggio, vuol dire che mi sto allenando bene?”
No. “Peggio” può voler dire anche: poco sonno, troppo stress, tecnica sporca, volume fuori scala. L’effetto ritardato spiega un pezzo del puzzle: non è una giustificazione universale.
“Quanto deve durare uno scarico?”
Spesso 5–10 giorni bastano, ma dipende da quanto hai accumulato. L’obiettivo è vedere scendere il ‘rumore’ della fatica e riemergere i segnali buoni.
“Ogni quanto ha senso cambiare programma?”
Se cambi troppo spesso, non consolidi. Se non cambi mai, stagnazione. Una regola utile è ragionare su blocchi di qualche settimana 4–6), con un criterio di valutazione “post-scarico”.
“Questo vale anche se non sono un atleta?”
Sì, ma in versione più semplice: il tuo obiettivo non è spremere l’adattamento massimo, è costruire allenamento sostenibile. Per te la priorità è evitare che la fatica “invada” il resto della vita.
-
Plisk SS, Stone MH. Periodization strategies (PDF). Strength and Conditioning Journal. 2003.
Bosquet L, Montpetit B, Arvisais D, Mujika I. Effects of tapering on performance: a meta-analysis. Med Sci Sports Exerc. 2007.
Meeusen R, et al. Prevention, diagnosis, and treatment of the overtraining syndrome: joint consensus statement of the ECSS and ACSM. Med Sci Sports Exerc. 2013.
Busso T, et al. Adequacy of a systems structure in the modeling of training effects on performance. J Appl Physiol (1985). 1991.
Pronto ad iniziare con il Metodo Oukside?
Fai il Never Diet Test (9 domande, 2 minuti) e ricevi la guida Never Diet Essential.
Fai il Never Diet Test