Dieta e cibo anti-infiammatori non esistono! Ecco i 4 step concreti contro l'infiammazione

In molti parlano di infiammazione e dei problemi che da essa derivano, e in troppi suggeriscono soluzioni fluff, come la “dieta anti infiammatoria” o gli “integratori anti ossidanti”, cose irrealistiche e senza fondamenti scientifici.

L’infiammazione è infatti un processo complesso e multifattoriale, non si può risolvere con la dieta o l’integratore. Bisogna guardare più a fondo: lo faremo in questo articolo.

Infiammazione acuta e infiammazione cronica

Bisogna innanzitutto distinguere tra infiammazione acuta e infiammazione cronica di basso grado (o infiammazione cronica silente o latente).

Mentre l’infiammazione acuta è utile per la salute (è essa che ci permette gli adattamenti che cerchiamo quando ci mettiamo a dieta o facciamo esercizio, per esempio), l’infiammazione cronica silente di basso grado è deleteria e si associa alla maggior parte delle condizioni e patologie (diabete, ipertensione, obesità, malattie cardiovascolari, cancro, ictus, degenerazione mentale, insufficienza renale).

L’infiammazione cronica silente (d’ora in poi, semplicemente infiammazione cronica) può scatenarsi a causa di uno stile di vita sregolato, un eccessivo introito alimentare, stress psico-fisico e stress ossidativo, o valori glicemici fuori controllo.

Dire questo è ancora “dire tutto”: sembra che l’infiammazione cronica sia causata da ogni cosa e abbia come conseguenza ogni problema. Non a caso si parla infatti anche di infiammazione cronica aspecifica.

Cerchiamo di sbrogliare la matassa.

Innanzitutto, è opportuno ribadire che i problemi dell’infiammazione sono dati da cronicità e basso grado, cioè latenza (c’è ma non si sente). Significa che non si hanno segni e sintomi peculiari di patologia, se si va dal Medico ci dice “Non hai nulla”, in sintesi si è clinicamente sani.

Ma si hanno sintomi generalizzati di scarso benessere, come problemi di sonno, scarsa gestione dello stress, craving alimentari, stanchezza cronica, e tanto altro.

L’infiammazione cronica porta, a poco a poco, alla morte cellulare e, pertanto, allo sviluppo di patologie, tanto che è stato coniato il termine inflammaging per descrivere il processo di invecchiamento precoce dovuto all’infiammazione.

Va da sé che l’infiammazione cronica sia qualcosa che vorremmo evitare. Ma la comanda è: come facciamo ad accorgerci della sua presenza, se è silente? Prima di rispondere, continuiamo la disamina sulle differenze tra infiammazione acuta e infiammazione cronica, importante per non cadere nell’errore di voler indiscriminatamente lottare con l’infiammazione (in generale).

La risposta infiammatoria acuta

Se ti ferisci o ti scotti, la zona interessata mostrerà 4 segni tipici: rossore, calore, gonfiore e dolore; generati tutti per lo più da un’unica causa, un aumento dell’afflusso di sangue seguito da costrizione dei capillari. Questi segni serviranno a ricordarti di prestare più attenzione a quella zona, così da non metterla sotto stress in un momento in cui serve del tempo per ripararsi.

Il processo infiammatorio in atto, richiamando macrofagi e citochine, darà via alla cascata di segnalazioni utili per riparare i tessuti, tramite fattori di crescita e simili.

In questo, puoi leggere tre azioni che vengono messe in pratica grazie all’infiammazione:

  1. Prevenzione della diffusione del danno;

  2. Allontanamento dalla causa del danno;

  3. Riparazione delle conseguenze del danno.

Questo vale nel caso di una ferita così come per un raffreddore, la risposta alle intolleranze alimentari, ma anche per condizioni più gravi causate da virus, batteri, infezioni, allergeni. In ogni caso, il Sistema Immunitario cerca di mettere in atto quei tre processi: prevenzione, allontanamento, riparazione. Da questo capisci che l’infiammazione acuta è vitale.

Ma cosa succede se lo stesso tipo di risposta avviene a livello meno tangibile e intenso (come per una ferita o scottatura), ma silente e ripetuto? Ovvero, cosa succede quando quel processo infiammatorio, il medesimo in termini di processo, seppur diverso in intensità, diventa cronico?

Stress cellulare e infiammazione cronica silente

Per rispondere alla domanda precedente, ci interessa guardare dentro la cellula, agli organelli che conosciamo come centrali energetiche cellulari: i mitocondri. In uno stato infiammatorio, i mitocondri attivano il composto detto inflammosoma, che induce l'apoptosi, cioè la morte cellulare programmata (in un momento in cui non doveva essere programmata). 

Questo significa che l’infiammazione cronica silente porta ad invecchiamento e morte cellulare precoce, con conseguente malfunzionamento progressivo di tessuti e organi, fino a sfociare in malattie conclamate.

Prima abbiamo detto che il processo infiammatorio è il medesimo, cambia solo l’intensità: ma dove sono il rossore, il calore, il gonfiore e il dolore, in questo caso - in cui parliamo di organelli cellulari che non possiamo vedere perché interni e troppo piccoli? 

Eccoli:

  • Rossore → Accumulo di nutrienti attorno alla cellula con scarsa possibilità di utilizzo.

  • Calore → Riduzione della funzionalità della membrana cellulare e dei recettori di membrana.

  • Gonfiore → Accumulo di metaboliti e liquidi interstiziali, con aumento della pressione attorno alla cellula.

  • Dolore → Danni cellulari e produzione di sostanze dannose che perpetuano il processo infiammatorio.

Vediamo cosa significa tutto questo.

Scarsa capacità di utilizzo dei nutrienti

Nel caso di infiammazione cronica silente, la cellula perde la sua capacità di essere metabolicamente flessibile, sapere cioè usare il nutriente giusto in base alla sua disponibilità (più zuccheri → metabolismo “brucia zuccheri”; più grassi → metabolismo “brucia grassi”).

Per quanto grande sia la quantità di nutrienti che arrivano alla cellula, essa non riesce ad utilizzarli per produrre l’energia (ATP) necessaria. Perciò i nutrienti si accumulano aumentando il rischio di accumulare grasso, sia sottocutaneo (che inficia la forma fisica), sia viscerale (che inficia la salute).

Riduzione della funzionalità della membrana

La membrana delle cellule è una barriera viva e funzionale. Sulla membrana vi sono, tra le altre cose, i recettori cellulari, bersaglio di molecole con ruoli chiave nel metabolismo - pensa ad esempio all’insulina. Una membrana sana e funzionale permette a un recettore di restare ancorato ad essa, ma muoversi sulla sua superficie per intercettare la sostanza con cui esso si attiva. In caso di infiammazione cronica, la membrana è come se si cristallizzasse, rendendo difficili gli spostamenti dei recettori.

Se la membrana cellulare è ben funzionante, i recettori riescono a intercettare anche piccole quantità del loro attivante (nel caso dell’insulina, la cellula avrà buona sensibilità insulinica). Se la membrana cellulare è scarsamente funzionante, i recettori rispondono solo a grandi quantità di attivante (nel caso dell’insulina, la cellula mostrerà scarsa sensibilità insulinica o resistenza insulinica).

Aumento di metaboliti a livello interstiziale

In caso di infiammazione cronica, nello spazio tra cellula e cellula (spazio interstiziale) si accumulano materiale e liquidi di scarto, facendo aumentare la pressione. Questo aumento pressorio porta le cellule a rispondere producendo fattori (citochine) pro-infiammatorie, perpetuando così lo stato infiammatorio.

Danni cellulari e produzione di sostanze dannose

In una situazione di infiammazione cronica, con cellule che non funzionano in modo ottimale, i sottoprodotti del metabolismo che normalmente dovrebbero venire allontanati, si accumulano in sede interstiziale. Le sostanze dannose che si producono - come, ad esempio, gli AGEs (prodotti finali della glicazione avanzata o Advanced Glycation end Products) - rappresentano un ulteriore stress cellulare che, di riflesso, produce altre citochine pro-infiammatorie perpetuando il processo. 

Infiammazione cronica: come capire se ce l’hai?

Hai capito che l’infiammazione cronica silente di basso grado non permette il funzionamento ottimale del tuo organismo, riducendo il tuo livello di Fitness - cioè benessere e salute globali. Come capire se è in atto un processo di infiammazione cronica di basso grado? 

Strumenti, test di laboratorio e analisi, non possono fornirti una risposta, se presi in modo isolato. Cerca, piuttosto, di trovare la risposta profonda e sincera alla domanda:

Come stai oggi?

“Se stai bene, stai bene” (Feinman RD, in Nutrition in Crisis) e, in linea di massima, non dovresti fare alcun test di laboratorio se ti senti bene: siamo esseri imperfetti, ma il nostro organismo è in grado di adattarsi alle sue imperfezioni controregolando ciò che è opportuno. Ognuno di noi avrà, quindi, parametri caratteristici diversi da quelli di qualsiasi altro: un asterisco su un esame del sangue, preso a sé, non ha significato.

Il discorso vale anche al contrario: se hai “le analisi perfette”, ma dormi da schifo, ti trascini fino a sera, hai dolori in ogni dove, è bene tu ti ponga qualche domanda per capire cos’è che non va come dovrebbe. Scarso sonno, difficoltà a gestire lo stress, craving alimentari che possono portare a dipendenza da cibo e junk food, scarsa regolarità intestinale, eccesso di peso che sembra immotivato, ed altri, sono segni e sintomi utili per capire che potrebbe essere in atto un’infiammazione cronica di basso grado.

Ciononostante, avere consapevolezza di quali parametri di laboratorio ed ematici si modifichino in corso di infiammazione cronica sistemica di basso grado, è utile per avere qualche accortezza aggiuntiva (senza stravolgimenti eccessivi). Partiamo dunque dai marker e mediatori dell’infiammazione per capire cosa guardare per l’infiammazione cronica.

Markers e mediatori dell’infiammazione

Elenchiamo quindi, per conoscenza e consapevolezza, gli attori principali coinvolti nell’infiammazione. 

Fattore di necrosi tumorale alfa

Il TNF-α è una proteina di segnale intracellulare - citochina - rilasciata dalle cellule immunitarie in risposta a stress, danno o infezione. Agendo da sola o assieme ad altre componenti, il TNF-α rallenta la crescita e la diffusione di molti patogeni: è in grado di attivare l’effetto battericida dei neutrofili ed è richiesto per la replicazione di diverse cellule immunitarie.

Fattore nucleare kappa beta

Il fattore nucleare kappa-β (NF-Kβ) è un importante componente della risposta infiammatoria. Quando le cellule sono esposte al segnale del danno (per esempio grazie al TNF-α o allo stress ossidativo), l’NF-Kβ attiva l’espressione di oltre 400 geni coinvolti nella risposta infiammatoria. Di conseguenza, si attivano altre citochine infiammatorie come le ciclossigenasi-2 e le lipossigenasi. Le prime (COX-2) sono enzimi responsabili della produzione delle prostaglandine e sono il target bersaglio dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come ibuprofene e aspirina.

Interleukine

Le interleukine (IL) sono citochine che svolgono funzioni di promozione e risoluzione del processo infiammatorio. IL-1B, IL-6 e IL-8 sono pro-infiammatorie: la prima aiuta le cellule immunitarie ad uscire dal torrente ematico per riversarsi nei tessuti danneggiati o colpiti da disfunzione; l’IL-6 ha proprietà sia anti-infiammatorie che pro-infiammatorie e coordina la sintesi di composti coinvolti nell’infiammazione acuta; l’IL-8 è espressione delle cellule immuni o non immuni e stimola i neutrofili nelle sedi dannose.

Proteina C reattiva

La proteina C reattiva (PCR) è una proteina della fase acuta che viene sintetizzata dal fegato nelle situazioni critiche. L’obiettivo è di agevolare il riconoscimento delle cellule danneggiate da parte del Sistema Immunitario. Tuttavia, un suo aumento non è diagnostico per una singola patologia, dal momento che vi è un incremento nei casi di cancro, traumi, malattie gastrointestinali, patologie cardiovascolari. Le ricerche, inoltre, sottolineano come un aumento dei livelli di PCR siano correlati a un forte rischio di patologie cardiovascolari e infarto.

Eicosanoidi

Gli eicosanoidi sono messaggeri “locali” (al contrario delle citochine che lo sono a “lunghe distanze”) prodotti dalle cellule vicine ai siti infiammati. Esse trasmettono le informazioni di un processo infiammatorio in corso in tutto l’organismo. Esistono diverse famiglie di eicosanoidi: prostaglandine, prostacicline, leucotrieni e trombossani.

Le prime hanno un ruolo importante per crescita cellulare, funzionalità renale e digestiva e per la costrizione e dilatazione dei vasi sanguigni. I leucotrieni sono pro-infiammatori dal momento che attivano i globuli bianchi nei processi infiammatori e sono i più studiati nei casi di anafilassi e disturbi respiratori.

Per la sintesi degli eicosanoidi sono necessari acidi grassi insaturi: l’acido linoleico e il suo derivato acido arachidonico (AA), e l’acido alfa-linolenico (omega 3) e i suoi due derivati acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenocio (DHA).

Una dieta ricca di acidi grassi della linea omega 3 è associata ad un basso rischio cardiovascolare e infiammatorio; al contrario, alimenti ricchi di omega 6 hanno un effetto pro-infiammatorio.

Ciclossigenasi e lipossigenasi

Le ciclossigenasi e le lipossigenasi sono enzimi catalizzanti i primi step del processo di sintesi degli eicosanoidi a partire dagli acidi grassi polinsaturi.

Infatti, le ciclossigenasi iniziano la conversione degli omega 3 e omega 6 nei derivati prostaglandine e trombossani. L’interesse per le ciclossigenasi deriva dal fatto che una loro inibizione determina una riduzione di infiammazione, febbre e dolore. Gli analgesici e farmaci come ibuprofene e naproxen agiscono proprio secondo questa linea.

Nell’essere umano esistono due tipi di ciclossigenasi: COX 1 e 2. L’attivazione della COX 2 stimola i processi dell’infiammazione con la conseguente sintesi di prostaglandine e trombossani.

D’altro canto, le lipossigenasi convertono gli acidi grassi nei leucotrieni pro-infiammatori: in particolare, i più severi sono sintetizzati da parte della 5-LOX nella mammella. Il ruolo principale delle lipossigenasi è il reclutamento dei globuli bianchi nel sito di infiammazione. Inoltre, stimolano le cellule locali alla produzione di citochine, le quali amplificano i segnali dell’infiammazione. Per questo motivo, le lipossigenasi sono un importante target terapeutico nella cura dell’infiammazione.

Anche se COX e LOX sono spesso considerati enzimi pro-infiammatori, è bene ricordare che producono fattori inibitori o risolventi il processo infiammatorio e stimolano la guarigione del tessuto danneggiato. La fase di transizione tra fase pro-infiammatoria e anti-infiammatoria è fondamentale per la progressione di un sano processo infiammatorio.

Range ottimali per i principali marker pro-infiammatori

Come detto, prima di analisi ed esami di laboratorio, bisognerebbe comprendere la risposta (vera) alla domanda “Come stai oggi?”. Dei marker pro-infiammatori esaminati, alcuni possono farci capire se si è in presenza di infiammazione “cronicizzata”, in base ai range ottimali qui sotto indicati:

  • Proteina c reattiva
    < 0,55 mg/L nell’uomo e < 1,5 mg/L nelle donne

  • Fibrinogeno
    200-300 mg/dL

  • TNF-a
    < 8,1 pg/mL

  • IL-1b
    < 15.0 pg/mL

  • Il-6
    2-29 pg/mL

  • IL-8
    < 32.0 pg/mL

Patologie e infiammazione

Queste sono le patologie associate all’infiammazione cronica latente riportare in Ricerca:

  • Patologie cardiovascolari (CVD)

  • Cancro

  • Diabete

  • Degenerazione maculare età correlata (AMD)

  • Insufficienza renale cronica

  • Osteoporosi

  • Depressione

  • Declino cognitivo

  • Altre condizioni: artrite reumatoide, morbo di Crohn, pancreatite, intestino irritabile, anemia, fibromialgia, fragilità, sarcopenia e cachessia

In sostanza… Tutte! Sembra che tutte le patologie note siano causate dall’infiammazione cronica silente di basso grado. A livello teoretico, non fa una piega; a livello pragmatico, invece, bisogna chiarire.

Infiammazione: causa e conseguenza di tutto

Il nostro organismo è un sistema complesso, che risponde in maniera integrata agli stimoli. Il che vuol dire che qualsiasi cosa facciamo, la risposta del nostro organismo non sarà mai specifica. Se abbiamo uno stile di vita sregolato - scarsi dieta, sonno, esercizio, gestione dello stress, etc. - il nostro corpo inizierà a funzionare male. Aumenteranno i processi infiammatori e poi cronicizzeranno.

In quella condizione, qualsiasi stimolo extra, a cui in condizioni normali l’organismo avrebbe agevolmente risposto, genererà un problema attorno a cui potrebbe svilupparsi una disfunzione e poi una malattia. Ad esempio: in quella situazione, mangiare una modesta porzione di dolce a fine pasto, un carico di zuccheri del tutto gestibile in condizioni “normali”, potrebbe essere quel tanto che basta per portare nel tempo una scarsa sensibilità insulinica.

A quel punto, ci sembrerà il dolce a fine pasto la causa dell’infiammazione e l’infiammazione la causa della scarsa sensibilità insulinica. Ora sappiamo che le cose non stanno così: sarà stato uno stile di vita (nel suo complesso) scarso a indurre all’infiammazione cronica, e l’infiammazione cronica sarà stata un mediatore per la condizione di scarsa sensibilità insulinica. La soluzione a questa scarsa sensibilità insulinica, non sarà l’eliminazione del dolce, ma il miglioramento (nel suo complesso) dello stile di vita.

In breve, per prevenire e contrastare l’infiammazione cronica silente di basso grado, non devi allontanarti da ciò che serve per un benessere globale e generalizzato. Non esiste la dieta anti-infiammatoria così come il nutriente anti-infiammatorio o qualsivoglia integratore antinfiammatorio naturale e non: queste etichette ti fanno perdere la capacità di individuare il problema reale e di trovare una soluzione per esso, piuttosto che una soluzione fittizia per un problema che non c’è.

4 step anti-infiammatori

Riconoscendo che l’infiammazione cronica di basso grado non può avere una causa specifica e quindi non può avere una soluzione specifica, per prevenirla e contrastarla non devi fare niente di diverso da ciò che dovresti ricordare per il tuo benessere globale: nutriti, muoviti, rilassati, divertiti. 

Giusto per completezza, sulla base di una già acquisita consapevolezza su come approcciarsi al benessere, possiamo dirti cosa fare proprio in caso tu incontri dei periodi di blocco e malessere che ti sembrano immotivati. Puoi adottare queste attenzioni extra per 4-6 settimane, dopo le quali dovresti sentirti di nuovo bene. Se non dovesse essere così, è probabile ci sia qualcosa che pensi di fare / fare bene per te e invece stai trascurando / non facendo bene per te.

Assodato questo, ecco i consigli che si rifanno ai 4 step del processo infiammatorio, per sbloccarlo proprio su ognuno di quei livelli:

  • Esercizio fisico. Sposta l’esercizio fisico in orario contrapposto rispetto a quando lo fai ora (sera → mattina e viceversa) e dedica metà del tempo che stai dedicando all’esercizio fisico, a una tipologia di allenamento del tutto differente da ciò che fai di solito.

  • Digiuno Intermittente. Qualsiasi tipo di dieta o stile alimentare tu stia seguendo o non si stia seguendo, introduci una finestra di digiuno extra rispetto al digiuno notturno così da avere almeno 14-16 h di digiuno (ti basta saltare un pasto, la cena o la colazione) in cui bere solo acqua, tisane, caffè, senza zuccheri.

  • Respirazione e ossigenazione. Esercitati alla respirazione diaframmatica, iniziando da esercizi di respirazione appositi al mattino o alla sera, e poi continuando rendendoti consapevole del tuo respiro in momenti dedicati della giornata (bastano 1-2 minuti x 2-3 volte al giorno).

  • Nutrizione mirata. Puoi introdurre un integratore come Fosfatidilserina (800-1000 mg / sera), oppure Teanina (200-300 mg / sera) oppure prendere l’abitudine di bere 2-3 tazze di tè verde al giorno; se riesci, aumenta l’apporto di acidi grassi essenziali, tramite una porzione extra di pesce grasso a settimana o di semi/noci al giorno - in alternativa, usa un integratore con EPA+DHA in dosi di 900+600 mg / giorno.

Oltre ai 4 passi descritti, sono utili anche quattro passi nella Natura, staccare dalla tecnologia ogni volta che puoi, saper esprimere te stessa/o, creare del tempo per te e il tuo relax, avere connessioni e relazioni sane... E capire che concederti il dolce a fine pasto in un contesto del genere non causerà scarsa resistenza insulinica e infiammazione.

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Riccardo Battistin

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