Allenarsi di meno e mangiare di meno: funziona davvero per dimagrire?
Succede spesso così: la vita si complica, il tempo per allenarti si riduce, e la domanda che arriva è più o meno questa:
“Se mi alleno di meno ma mangio anche di meno, alla fine non è la stessa cosa?”
Magari hai fatto due conti veloci: prima ti allenavi tre volte a settimana, ora riesci a malapena a fare una seduta ogni tanto. Allora pensi di “compensare” tagliando ancora il cibo. Sulla carta torna: se il “deficit” di energia è uguale, il risultato dovrebbe essere uguale. Meno entra, più esce, fine.
Solo che il corpo non è un serbatoio di benzina e tu non sei un’auto:
il modo in cui arrivi a quel deficit cambia come ti senti nella vita di tutti i giorni,
cambia che cosa perdi (solo grasso, o anche muscolo, forza, stabilità emotiva e voglia di vivere),
cambia quanto riesci a reggere nel tempo senza esplodere in compensazioni o mollare tutto.
In questo articolo non troverai la promessa che “più ti alleni, più puoi mangiare quello che vuoi”. Troverai qualcosa di più utile e onesto: un modo per ragionare quando ti capita un periodo in cui ti muovi meno, capire cosa conviene cambiare nel piatto, cosa conviene proteggere e come usare fame, energia e voglia di muoverti come bussola, invece che come nemiche.
L’obiettivo non è fare tutto perfetto, ma capire quando ha senso accettare un periodo di minor movimento, come limitare i danni dal lato alimentazione e cosa preparare per tornare a un flusso di energia più alto appena la vita lo permette, senza trasformare ogni fase della tua vita in una gara a chi “stringe” di più.
Per chi è / Non è
Per chi è:
chi sta attraversando un periodo in cui riesce ad allenarsi meno del solito (lavoro, figli, salute, studio, spostamenti) e vuole capire come aggiustare il cibo senza sfasciarsi;
chi ha sentito dire che “basta il deficit” ma nella pratica si ritrova svuotata/o, con poca forza, più fame nervosa e sempre meno voglia di muoversi;
chi vuole una strada semplice per gestire i carboidrati in base a quanto si muove, senza trasformarsi in contabile delle calorie e senza vivere con il cronometro in mano;
chi intuisce che il problema non è solo “mangiare troppo”, ma il modo in cui cibo e movimento stanno in piedi insieme nella vita reale.
Non è per chi:
cerca un modo per dimagrire senza toccare nulla di movimento, sonno e abitudini, sperando che esista una dieta che faccia tutto al posto suo;
vuole solo giustificare periodi infiniti di sedentarietà con diete sempre più strette, usando il cibo solo come freno a mano tirato;
ha condizioni cliniche complesse o restrizioni specifiche su movimento e alimentazione: in quel caso questo articolo può dare un contesto, ma le decisioni vanno prese con chi ti segue e conosce la tua situazione;
è alla ricerca di soluzioni estreme “tutto o niente” (tipo digiuni lunghissimi o allenamenti massacranti) e non è interessata/o alla sostenibilità.
Se ti riconosci nel primo gruppo, questo pezzo ti aiuta a decidere quando ridurre davvero il cibo, quando ha più senso proteggere l’energia, come usare i carboidrati come leva principale nei periodi con meno movimento e quali segnali osservare per capire se la combinazione che hai scelto regge davvero.
In breve: cosa trovi qui
Se vuoi una versione corta prima di entrare nei dettagli, è questa:
Il corpo non è un’automobile: stesso deficit non significa stessi effetti, se cambi il modo in cui ci arrivi. Deficit creati solo tagliando cibo e muovendoti pochissimo non sono equivalenti a deficit creati muovendoti un po’ di più e mangiando un po’ di più.
Un flusso di energia un po’ più alto (muoverti di più, mangiare un po’ di più) spesso è più sostenibile e protegge meglio muscoli, umore e vita sociale rispetto al vivere sempre “al minimo sindacale”.
Nei periodi con meno allenamento, ha più senso agire soprattutto sui carboidrati concentrati e sugli extra che su tutto il resto a caso.
Puoi usare fame e voglia di muoverti come segnali per aggiustare linee guida e pratica quotidiana, invece di trattarle come errori del tuo carattere.
Trovi un mini protocollo pratico “bada solo ai carboidrati” da usare nei periodi in cui ti muovi meno, senza ossessionarti sul resto, e una serie di segnali concreti per capire se la combinazione che stai usando è troppo o troppo poco.
Se questo riassunto ti parla, il resto dell’articolo serve per dare più contesto, esempi e strumenti.
Princìpi: come pensare al rapporto tra movimento, cibo e dimagrimento
1. Il corpo non è un’automobile
Con un’auto funziona così: se fai meno chilometri, metti meno benzina; se fai più chilometri, metti più benzina. Il motore non cambia umore, metabolismo o voglia di partire in base a quanto lo usi. Non si “offende”, non si aggiusta, non si difende.
Nel corpo umano è diverso. Il corpo fa due cose che un’auto non fa:
si adatta: cambia quanta energia consuma a riposo, quanto ti viene spontaneo muoverti, quanto calore produci, come gestisci la fame;
si protegge: se percepisce che arriva poca energia e che ti muovi poco, tenderà a risparmiare dove può, per allungare la sopravvivenza.
Questo significa che:
quando tagli l’energia in entrata e ti muovi poco, il sistema prova a risparmiare: riduce il movimento spontaneo, si “tira indietro” sull’energia che hai a disposizione per lavorare, pensare, gestire le relazioni;
quando ti muovi di più, mangi un po’ di più ma resti in un deficit moderato, spesso il corpo accetta meglio la situazione: brucia di più, mantiene più muscolo, tiene più alta la temperatura corporea e ti lascia con più margine per vivere.
Semplificando: stesso numero scritto sul foglio non significa stessa esperienza nel corpo, né stessi risultati sulla composizione corporea o sulla testa.
2. Energia che circola batte energia tirata
Immagina due scenari estremamente comuni.
Scenario A: ti muovi poco, stai sempre seduta/o, vai al lavoro in auto, pranzi alla scrivania, la sera crolli sul divano. Nel frattempo mangi molto meno di quanto vorresti: porzioni ridotte, rinunce continue, extra azzerati.
Scenario B: ti muovi di più (anche solo camminate serie, qualche allenamento sensato), mangi un po’ di più, restando comunque in un deficit moderato e non aggressivo.
A parità di peso sulla bilancia, nello Scenario B è più facile che succedano queste cose:
mantieni più massa muscolare e quindi più forza e più margine metabolico;
ti senti meno “svuotata/o” e più capace di gestire le giornate e gli imprevisti;
la fame è più distribuita, meno a picchi estremi in cui mangeresti qualunque cosa ti passi davanti;
il corpo “impara” che può permettersi di usare energia e non solo conservarla.
Non è magia: è il risultato di un flusso energetico più alto. Entra un po’ di più, esce un po’ di più, ma in modo organizzato. A lungo andare questa situazione è spesso più sostenibile del vivere sulla “modalità risparmio energetico” costante, che ti fa durare poco e ti espone a rimbalzi.
Nei periodi in cui non puoi aumentare il movimento, ha senso esserne consapevole: il tuo margine di manovra sul cibo c’è, ma è più stretto. Non significa rassegnarsi, significa evitare illusioni (“basta tagliare ancora”) che poi presentano il conto.
3. Linee guida e sensazioni: non una contro l’altra
Le linee guida nutrizionali servono a darti una mappa di massima: quante proteine ha senso avere a pasto, quanta verdura ti conviene tenere come base, come distribuire grossolanamente carboidrati e grassi in una giornata.
Le sensazioni (fame, sazietà, energia, sonno, concentrazione) sono invece la fotografia in tempo reale di come il corpo sta rispondendo a quella mappa, in quel periodo della tua vita.
Mettere i due aspetti uno contro l’altro non aiuta:
solo linee guida senza ascolto porta a vite “perfette su carta” ma ingestibili nella pratica, dove reggi qualche settimana e poi molli con senso di fallimento;
solo ascolto senza nessun binario porta a confusione: giornate di restrizione estrema alternate a abbuffate, auto-giudizi, caos, e zero possibilità di capire cosa funziona davvero.
Nei periodi con meno movimento, l’idea è:
usare le linee guida come binari di sicurezza: ti servono proteine, verdure, una certa struttura di base;
usare le sensazioni per micro-aggiustare: se fame, energia e umore vanno completamente fuori strada, non è un segnale da ignorare “perché c’è il deficit”, è un messaggio del corpo che ti dice che la combinazione scelta non regge.
Non si tratta di “scegliere da che parte stare”, ma di far lavorare le due cose insieme.
4. Fame e voglia di muoverti sono collegate
Fame e motivazione a muoverti non sono due mondi separati. Spesso succede questo:
più ti muovi, entro certi limiti, più hai fame “buona”: quella che arriva dopo aver speso energia in modo sensato, che ti prepara a mangiare con appetito ma senza perdere il controllo;
meno ti muovi e più stringi la dieta, più compaiono fame nervosa, desiderio di cibo concentrato, voglia di “staccare la spina” con qualcosa di dolce o salato, fatica mentale.
Non è solo psicologia. Ci sono ormoni (come leptina, grelina, vari peptidi intestinali) e sistemi di regolazione che mandano messaggi in entrambe le direzioni, tra cervello, intestino, tessuto adiposo e muscoli.
In pratica:
se per settimane ti muovi pochissimo e mangi molto meno, e la fame diventa ingestibile o al contrario scompare del tutto e poi riappare a valanga, il corpo ti sta dicendo che la combinazione è troppo spinta per quel periodo;
se ti muovi un minimo e ti alimenti con un po’ più di respiro, ma resti in deficit blando, la fame tende a diventare più “educata” e prevedibile, e rispetta di più gli orari e i ritmi che ti servono.
Fame e voglia di muoverti possono quindi diventare strumenti di regolazione, non segnali da zittire a tutti i costi. Imparare a leggerli è parte del lavoro, non un lusso.
5. Periodi, non identità
C’è una differenza importante tra due situazioni:
avere qualche settimana o mese con meno movimento (per lavoro intenso, figli piccoli, salute, trasferimenti, esami),
trasformare il “mi alleno di meno” in identità fissa e compensare sempre e solo con diete più dure, anno dopo anno.
Nel primo caso, l’obiettivo è limitare i danni e mantenere il più possibile la struttura: proteine, un minimo di movimento, sonno decente, carboidrati gestiti con criterio, niente estremismi.
Nel secondo caso, la combinazione “poco movimento + dieta sempre stretta” rischia di diventare uno stile di vita che ti consuma: meno muscolo, meno energia, più fragilità (fisica e mentale), più facilità a rimbalzare verso eccessi opposti.
Il punto di partenza sano è accettare che esistono fasi e flussi:
ci sono periodi in cui potrai spingere di più su allenamento e cibo e creare un flusso energetico più alto;
altri in cui sarà già tanto mantenere un minimo indispensabile e limitare i danni.
Questo articolo si concentra su cosa fare in questi periodi più stretti, senza raccontarti che siano l’ideale, ma senza nemmeno dipingerli come la fine del mondo.
Cosa dicono le evidenze (in parole semplici)
Senza trasformare questo pezzo in una review tecnica, alcune cose emergono in modo abbastanza chiaro dalla letteratura:
Stati di “high energy flux” (più movimento, più energia che entra e che esce) sembrano associati a un controllo dell’appetito più stabile, a una minore tendenza a recuperare peso dopo una perdita e a una gestione del peso più sostenibile nel tempo rispetto a stati di “low energy flux” (poco movimento, poca energia) a parità di peso.
La perdita di peso ottenuta solo stringendo la dieta, senza movimento adeguato, tende a portarsi dietro più perdita di massa magra, calo di forza, riduzione del metabolismo a riposo, con sensazione soggettiva di “svuotamento” più che di miglioramento della forma.
L’allenamento, in particolare quello di forza o misto (forza + cardio), durante un periodo di deficit energetico aiuta a preservare muscolo e prestazioni, anche quando le calorie sono ridotte, e a limitare gli effetti della termogenesi adattativa.
Esiste una componente di “termogenesi adattativa”: quando dimagrisci, il corpo tende a risparmiare energia più di quanto previsto dai soli chili persi, soprattutto se il deficit è aggressivo e il movimento è scarso. Questo può farti sentire “sempre più stanca/o” e rendere difficile mantenere il nuovo peso anche quando cerchi di stabilizzare.
Il movimento quotidiano “non da palestra” (camminare, alzarsi spesso, fare le scale, attività pratiche in casa e fuori) pesa parecchio sul totale di energia spesa: se diminuisce troppo, anche una dieta ben pensata diventa più difficile da reggere perché hai meno margine.
Da questo quadro non usciamo con la formula “se non ti alleni tanto, non dimagrirai mai”. Usciamo con qualcosa di più utile:
se attraversi un periodo con meno allenamento, vale la pena proteggere il più possibile il movimento che resta, anche se è meno strutturato del solito;
e, lato cibo, ha senso lavorare soprattutto su carboidrati concentrati e “sfizi”, invece di tagliare a caso da tutto o togliere sempre e solo le proteine.
Protocolli: come applicarlo nella tua giornata
Step 1 – Fai una fotografia della situazione
Prima di cambiare tutto, fermati un attimo a vedere dove sei. È la parte meno spettacolare ma più utile.
Per 7–10 giorni, osserva e, se ti aiuta, annota:
quante volte ti alleni o ti muovi in modo intenzionale (palestra, corsa, sport, ma anche camminate lunghe “vere”);
quanto ti muovi nel quotidiano: passi, scale, tragitti a piedi, tempo seduta/o, uso di auto o mezzi;
che cosa succede con la fame nell’arco della giornata: momenti di fame gestibile, picchi in cui “mangeresti il frigo”, slot in cui ti dimentichi proprio di mangiare e poi recuperi in un colpo solo;
come ti senti a livello di energia, concentrazione, umore, capacità di prendere decisioni sensate.
Non serve misurare tutto al millimetro o usare per forza app e dispositivi. L’obiettivo è avere una foto onesta:
“In questo periodo mi muovo davvero poco rispetto a prima, quasi solo tra sedia, auto e divano”,
oppure “In realtà mi muovo, solo in modo diverso da prima, ma non lo considero allenamento”.
Questa fotografia è la base su cui decidere quanto ha senso intervenire sul cibo e dove.
Step 2 – Se riduci l’allenamento, dove tagliare davvero
Se rispetto al tuo “normale” ti stai allenando meno (meno sedute, meno intensità, meno passi), è sensato ridurre un po’ anche l’energia che entra. Ma non tutta allo stesso modo.
Una strada semplice è questa:
mantieni stabili proteine e verdure ai pasti principali: sono la struttura che ti protegge (muscolo, sazietà, micronutrienti);
mantieni una quota sensata di grassi “strutturali” (olio, frutta secca, uova, formaggi in quantità moderate), senza demonizzarli ma neanche lasciarli completamente senza controllo;
usa come leva principale i carboidrati concentrati e gli extra (dolci, alcol, snack fuori pasto).
Tradotto sul piatto:
evita di iniziare tagliando sempre e solo dalla fettina di carne o dal pesce, lasciando uguali pane, dolci, alcol e snack;
sposta l’attenzione su dove l’energia si concentra di più in poco volume: pane, pasta, riso, cereali soffiati, prodotti da forno dolci e salati, dessert, bibite zuccherate, alcol.
L’idea non è demonizzare questi cibi, ma riconoscere che sono la leva più efficace quando vuoi aggiustare l’energia in ingresso, specie se ti muovi poco. Ridurre un po’ lì ti dà margine senza smontare tutto il resto.
Step 3 – Il mini protocollo “bada solo ai carboidrati”
Quando vuoi semplificare il più possibile perché la testa è già piena di altre cose, puoi partire da un approccio essenziale: struttura i pasti e, per qualche settimana, concentrati soprattutto sui carboidrati.
Puoi pensare così:
Pasti di proteine, verdure e grassi “q.b.”
Ai pasti principali (pranzo, cena, o come li organizzi) costruisci il piatto mettendo al centro:
una buona fonte di proteine (carne, pesce, uova, latticini freschi, tofu, legumi combinati in modo sensato);
una quota generosa di verdure (crude, cotte, miste) che riempiano il piatto e ti aiutino con fibra, acqua, micronutrienti;
una quantità ragionevole di grassi “strutturali” (olio, frutta secca, semi, ecc.).
Su questi elementi puoi mantenere un approccio relativamente spontaneo: non serve pesare tutto al grammo, basta che ci siano in modo costante.
Carboidrati a bassa densità come sfondo
Parliamo di alimenti come frutta, alcuni legumi, certe verdure più amidacee in quantità moderate. Portano energia, ma anche fibra, micronutrienti e acqua.
Qui l’idea non è bloccarli, ma far sì che non siano l’unica fonte di carboidrati della giornata e che non diventino la scusa per eliminare del tutto le fonti più concentrate, finendo poi per cercarle tutte insieme la sera.
Carboidrati concentrati come leva
Pasta, pane, riso, cereali secchi, prodotti da forno dolci e salati, dessert: sono questi i punti in cui, cambiando poco volume, cambi tanto l’energia.
Nei periodi con meno movimento puoi:
ridurre il numero di pasti con carboidrati concentrati (per esempio da “sempre” a “una volta al giorno” oppure solo nei giorni più attivi);
scegliere porzioni più piccole quando li inserisci, senza demonizzarli ma nemmeno usarli come “premio” illimitato per giornate sedentarie;
collocarli in momenti in cui senti che ti aiutano davvero (per esempio attorno alle sedute che riesci comunque a fare, o nei giorni in cui ti muovi di più anche solo per impegni).
Per molte persone, per 2–4 settimane può essere sufficiente tenere stabile tutto il resto e “badare solo ai carboidrati” in questo senso, per vedere già un miglioramento del bilancio complessivo e della sensazione di avere di nuovo un minimo di controllo.
Step 4 – Quando puoi mantenere o aumentare il movimento
Se ti rendi conto che, nonostante il periodo complicato, riesci comunque a:
fare 2 allenamenti sensati a settimana (anche brevi ma strutturati),
oppure garantire un certo numero di passi al giorno in modo costante,
oppure inserire piccole dosi di movimento intenzionale (scale, brevi sessioni di esercizi a corpo libero, camminate veloci),
allora puoi permetterti di essere meno aggressiva/o con i tagli.
In questo caso ha più senso:
mantenere una quota di carboidrati concentrati attorno ai momenti in cui ti muovi di più (prima o dopo l’allenamento, nei giorni più attivi), perché lì vengono gestiti meglio e ti aiutano a recuperare;
usare i giorni molto sedentari per abbassare leggermente le porzioni o saltare un extra non necessario, senza trasformarli in giornate di punizione.
L’obiettivo diventa spostarsi, quando possibile, verso uno stato di flusso energetico un po’ più alto:
non mangi “tutto quello che vuoi” solo perché ti alleni;
ma non sei neanche costretta/o a inseguire sempre il taglio massimo, che ti scarica e basta.
Step 5 – Rivedere la rotta ogni 10–14 giorni
Nessun protocollo ha senso se lo applichi in automatico per mesi senza guardare cosa succede. Il corpo cambia, la vita cambia, il carico mentale cambia.
Ogni 10–14 giorni, fermati e chiediti:
come si muove il peso medio (se lo tieni d’occhio, meglio guardare la tendenza e non il singolo giorno);
come vanno circonferenze, abiti, sensazione di “ingombro” o leggerezza nelle attività pratiche;
come sono fame, energia, sonno, voglia di muoverti, qualità dell’umore.
In base a questo, la scelta può essere:
continuare sulla stessa linea se i segnali sono buoni, il peso tende lentamente nella direzione che vuoi e la tua vita è sostenibile;
ridurre ancora un po’ i carboidrati concentrati se tutto il resto è in ordine, il periodo di minor movimento si prolunga e il peso non si muove proprio;
riportare indietro qualche taglio se ti rendi conto che la combinazione “poco movimento + poco cibo” ti sta svuotando, peggiora il sonno, alza la fame nervosa.
L’idea non è trovare subito il punto perfetto, ma imparare a dialogare con quello che succede, invece di restare incastrata/o in un “o tutto o niente” in cui o sei perfetta/o o hai fallito.
Segnali da osservare (e quando fermarsi)
Segnali che suggeriscono che la combinazione regge
Fame presente ma gestibile, con poche esplosioni fuori controllo e momenti in cui ti puoi sedere a tavola con calma.
Energia sufficiente per affrontare la giornata, anche se non sei sempre al massimo, senza crolli continui a metà pomeriggio.
Un minimo di voglia di muoverti resta: non ti trascini sempre e comunque, riesci ancora a scegliere le scale ogni tanto, a fare due passi in più.
Sonno almeno decente: ti addormenti, ti svegli senza sentirti completamente devastata/o e il sonno non è continuamente spezzato da fame o pensieri sul cibo.
Il corpo cambia in modo graduale: abiti che si allentano un po’, sensazione di alleggerimento, meno pesantezza nel salire le scale o legarti le scarpe.
Segnali che la combinazione “poco movimento + poco cibo” è troppo spinta
Sei sempre fredda/o, irritabile, con la sensazione di avere “la batteria a zero” anche in giornate non particolarmente impegnative.
La fame è spesso altissima, oppure scompare del tutto per poi esplodere in mangiate molto grandi e molto difficili da gestire.
Non hai più voglia di muoverti in nessun modo, nemmeno per piccole cose (fare le scale, uscire a piedi per commissioni brevi, giocare con i figli o con chi ti sta vicino).
Il sonno peggiora: fatichi ad addormentarti, ti svegli di notte, ti svegli già stanca/o e non riesci a recuperare nemmeno nei giorni “più tranquilli”.
Il pensiero sul cibo diventa fisso: passi la giornata a pensare a cosa mangiare o a cosa non devi mangiare, a calcolare mentalmente ogni morso.
In questi casi, il problema non è “non hai abbastanza forza di volontà”: è che la combinazione richiesta al corpo è troppo estrema per il periodo che stai vivendo. La soluzione non è stringere ancora: è cambiare approccio.
Può essere utile:
riportare un minimo di movimento nella giornata, anche solo camminate regolari e semplici esercizi a corpo libero;
allentare leggermente i tagli più drastici di carboidrati concentrati, soprattutto se hai eliminato quasi tutto e poi finisci per recuperarli tutti insieme;
rivedere obiettivi e tempi (forse non è il momento per chiedere al corpo il massimo dimagrimento, ma per puntare a stabilità e cura di base).
Red flag: quando parlare con il Medico o con chi ti segue
Se noti uno o più di questi segnali, è il momento di fare un passo oltre l’autogestione:
perdita di peso molto rapida e non voluta, o oscillazioni di peso importanti in poco tempo;
assenza di ciclo mestruale per vari mesi o cicli che diventano estremamente irregolari;
svenimenti, capogiri importanti, sensazione di “testa vuota” ricorrente, difficoltà a concentrarti su attività semplici;
dolore toracico, fiato corto fuori contesto, palpitazioni che non si spiegano solo con l’ansia del momento;
pensieri ossessivi sul cibo e sul controllo del peso che ti tolgono spazio mentale per tutto il resto.
Nessun articolo, per quanto fatto bene, può sostituire un confronto con il Medico o la persona che ti segue. Usare bene i segnali significa anche riconoscere quando è il momento di chiedere aiuto e spostare il lavoro su un livello diverso.
FAQ su “Allenarsi di meno, mangiare di meno”
Se mi alleno di meno, devo per forza mangiare meno?
In molti casi sì, ma non allo stesso modo su tutto. Ridurre un po’ l’energia in ingresso ha senso se ti muovi meno, ma invece di tagliare proteine, verdure e grassi “di base”, conviene intervenire soprattutto su carboidrati concentrati e extra. Se il periodo di minor movimento è breve, può avere più senso accettare un dimagrimento più lento che stringere tutto al massimo e poi rimbalzare.
Posso dimagrire muovendomi molto poco per un periodo?
Sì, è possibile, ma spesso è più faticoso e meno sostenibile. Il rischio è perdere più massa muscolare, sentirti svuotata/o e vedere il corpo che cambia in un modo che non ti piace. Nei periodi in cui il movimento è davvero limitato, l’obiettivo realistico può essere limitare gli aumenti di peso o ottenere piccole riduzioni, preparando il terreno per fasi successive più attive e dedicate al dimagrimento vero e proprio.
Se mi muovo molto ma non controllo il cibo, dimagrirò comunque?
Non necessariamente. Muoversi di più ti dà più margine, ma non cancella completamente l’effetto di porzioni altissime, snack continui, alcol frequente. Il punto non è scegliere tra “solo movimento” o “solo dieta”, ma usare entrambi in modo compatibile con la tua vita. In alcuni casi, aumentare il movimento aiuta soprattutto a gestire meglio il cibo e non a “bruciare” qualunque cosa.
Ha senso fare giorni senza carboidrati per compensare quando non mi alleno?
Per la maggior parte delle persone, no. Giorni completamente “no carb” possono portare a più fame, più rigidità mentale e più rimbalzi nei giorni successivi. In genere è più utile ridurre la quota di carboidrati concentrati e distribuire meglio le fonti durante la settimana, invece di creare giornate estremiste che poi ti riportano al punto di partenza.
Come capisco se sto perdendo più muscolo che grasso?
Se il peso scende molto in fretta, ti senti sempre più debole, perdi forza sugli esercizi base, ti vedi “svuotata/o” ma non necessariamente più definita/o, è possibile che la perdita di massa magra sia importante. In questi casi vale la pena rivedere sia il deficit sia il tipo di movimento, e valutare se inserire più lavoro di forza o se è il caso di alzare un po’ l’energia in ingresso.
Cosa faccio se in un periodo non riesco proprio ad allenarmi?
Se si tratta di qualche settimana davvero complicata, puoi puntare a tre cose: mantenere il più possibile proteine e verdure, limitare i carboidrati concentrati e gli extra, proteggere sonno e gestione dello stress. L’obiettivo può diventare non “dimagrire a tutti i costi”, ma arrivare in condizioni decenti al momento in cui potrai rimettere movimento in modo sensato. Questo, alla lunga, è spesso più efficace che insistere su diete estreme.
Quando torno ad allenarmi di più, devo aumentare subito il cibo?
Dipende da quanto e come ti allenerai. Se passi da zero a tre sedute intense a settimana, è sensato aumentare un po’ l’energia in ingresso, soprattutto attorno agli allenamenti, per non ritrovarti svuotata/o e senza capacità di recupero. Se l’aumento è graduale, puoi osservare fame, energia e recupero, e aumentare step by step, invece di aggiungere subito moltissimo e perdere completamente il deficit.
Ha senso usare questo approccio anche se il mio obiettivo non è dimagrire ma “non perdere il controllo” nei periodi difficili?
Sì. L’idea di proteggere un minimo di movimento, mantenere una struttura di base su proteine e verdure e usare i carboidrati concentrati come leva è utile anche se l’obiettivo principale è evitare grossi aumenti di peso o evitare di entrare in loop estremi di dieta/abbuffata. Ti dà un telaio da cui ripartire quando il periodo si alleggerisce.
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