Allenarsi di meno per ottenere di più: guida pratica al mix giusto di stimoli

Capita spesso così: aumenti il numero di allenamenti, riempi la settimana di schede, finisci ogni seduta distrutta/o… ma i risultati non seguono. Ti senti stanca/o, acciaccata/o, con poco margine per tutto il resto, e con una domanda in testa: “Se mi sto allenando così tanto, perché non sto migliorando davvero?”.

Magari hai provato a “risolverla” aggiungendo ancora qualcosa: un corso in più, un’altra seduta di cardio, un nuovo protocollo trovato online. Per qualche settimana l’adrenalina ti porta avanti, ma poi ti ritrovi punto e a capo: fatica alta, progressi poco chiari, voglia di allenarti che oscilla.

La verità è che allenarsi tanto non è sinonimo di allenarsi bene. Se concentri tutti gli sforzi sul “fare di più” – più esercizi, più serie, più giorni – il rischio è sprecare energia in stimoli che non si parlano fra loro, sommando solo fatica e poco adattamento. Non è solo una questione di tempo: è una questione di segnali. Il corpo reagisce a come organizzi gli stimoli, non alla quantità generica di sudore.

Quello che conta non è quante ore passi ad allenarti, ma come distribuisci gli stimoli dentro il tempo che hai davvero a disposizione. Con 2–3 sedute a settimana da 25–45 minuti puoi ottenere molto di più di schede infinite, se impari a usare bene tre ingredienti chiave:

  • potenza (picchi brevi di velocità e reattività),

  • intensità (forza e tensione di qualità),

  • metabolico (fiato e resistenza funzionale, non solo “cardio di sofferenza”).

In questo articolo trovi una mappa pratica per costruire allenamenti più intelligenti: meno dispersione, più criterio, più risultati che riesci a mantenere nel tempo. Non si tratta di allenarsi “pochissimo” e sperare nel miracolo, ma di smettere di sprecare tempo in stimoli inutili e mettere in fila quelli che hanno più ritorno per te.

Per chi è / Non è

Per chi è:

  • chi vuole risultati solidi con 2–3 sedute a settimana da 25–45 minuti, non 6–7 giorni in sala pesi;

  • chi è stanca/o di schede con 10–12 esercizi ripetuti all’infinito, senza capire davvero perché sta facendo cosa;

  • chi preferisce un metodo essenziale e flessibile, che si adatta al tempo reale (settimane piene, incastri, imprevisti) e non il contrario;

  • chi sente di “andare sempre a mille” in allenamento, ma di non avere parametri chiari per capire se sta davvero migliorando;

  • chi è disposta/o a fermarsi quando la tecnica crolla, invece di inseguire il cedimento a ogni costo.

Non è per chi:

  • insegue volumi “da maratoneta di sala pesi” e misura il valore dell’allenamento solo in ore e sudore;

  • cerca schemi agonistici specifici (powerlifting avanzato, bodybuilding competitivo, endurance di alto livello);

  • vuole solo l’ennesima “scheda copia e incolla” piena di esercizi, senza voglia di ragionare sul perché;

  • non è interessata/o a criteri e segnali del corpo e cerca soltanto “programmi massacranti” da copiare.

Se ti ritrovi nel primo gruppo, questo pezzo può diventare la base per ripensare il modo in cui ti alleni: meno confusione, più intenzione, più margine per il resto della tua vita.

In breve: cosa trovi qui

Se vuoi la versione compatta prima di entrare nei dettagli, è questa:

  • Allenarsi di più non significa allenarsi meglio: la qualità degli stimoli conta più della quantità di serie ed esercizi.

  • Ci sono tre stimoli chiave da organizzare: potenza, intensità, metabolico. Ogni seduta li dosa in modo diverso, invece di mischiarli a caso.

  • Bastano 2–3 sedute ben costruite con 3–5 movimenti base per ottenere progressi molto più solidi di schede sterminate.

  • I risultati si leggono su test semplici (salto, sprint, trazioni…), non solo sulla sensazione di essere a pezzi a fine seduta.

  • Il metodo è pensato per stare dentro la vita reale: settimane piene, periodi stressanti, momenti in cui hai più o meno tempo.

  • Trovi esempi concreti di allenamenti da 20–25, 30–35 e 40–45 minuti, più una settimana tipo con 2–3 sedute.

Se questo riassunto ti risuona, nel resto dell’articolo trovi princìpi, protocolli e segnali da usare come bussola per costruire un allenamento che lavori davvero per te.

Princìpi: come pensare agli stimoli in allenamento

1. Mix di stimoli, non miscuglio

Ogni allenamento “funziona” perché manda al corpo segnali specifici. Il problema non è aggiungere stimoli a caso, ma scegliere quali e in che ordine.

Per semplicità, puoi pensare a tre ingredienti principali:

  • Potenza – picchi brevi di velocità e reattività (finestre di 6–10 secondi). Parliamo di sprint brevi, salti, lanci, movimenti esplosivi ma puliti. Qui l’obiettivo non è farti “sentire distrutta/o”, ma insegnare al sistema nervoso a reclutare rapidamente le fibre giuste.

  • Intensità – lavoro di forza e tensione di qualità, in cui il carico è abbastanza alto da richiedere concentrazione, ma non così alto da distruggere la tecnica. È il cuore del miglioramento di forza, postura, percezione di stabilità.

  • Metabolico – blocchi in cui il respiro sale e mantieni uno sforzo continuo un po’ più lungo (1–2 minuti), alternato a pause sufficienti per riprenderti. Qui lavori sulla capacità di resistere alla fatica senza andare nel caos tecnico.

Allenarsi “di meno ma meglio” significa mettere in fila questi stimoli, invece di mescolarli senza criterio. Non serve usare tutti e tre alla massima dose nella stessa seduta: basta scegliere uno stimolo principale e usare gli altri come supporto, in modo che il corpo sappia “che messaggio deve leggere”.

2. Allena movimenti, non solo muscoli

In palestra spesso si parla di “allenare i muscoli”: gambe, petto, schiena, spalle. È utile, ma rischia di farti perdere di vista una cosa più semplice: nella vita reale usi movimenti, non muscoli isolati.

Una mappa di base che puoi usare è questa:

  • movimenti dominanti d’anca (spinta dei fianchi: stacchi, hip thrust, ponti, swing);

  • movimenti dominanti di ginocchio (piegare e estendere le gambe: squat, affondi, varianti a una gamba);

  • movimenti di spinta (spingere lontano da te: push-up, panca, spinte sopra la testa);

  • movimenti di trazione (tirare verso di te: rematori, trazioni, tirate ai cavi o con elastici).

Costruire un allenamento essenziale significa scegliere 3–5 movimenti madre da questi quattro gruppi e tornarci con costanza. Le varianti servono, ma come “accendi e spegni” attorno a una struttura chiara.

Invece di avere 10 esercizi diversi per le gambe, puoi avere:

  • uno stacco (anca),

  • uno squat o una variante a una gamba (ginocchio),

  • eventuali complementari mirati se ti servono davvero.

Questo tipo di scelta ti fa risparmiare tempo mentale e fisico, e concentra gli sforzi su gesti che fanno la differenza.

3. Densità e autocontrollo battono allenamenti eterni

Non è raro vedere persone allenarsi per 70–90 minuti, parlando molto, recuperando a caso, cambiando esercizio in continuazione. Alla fine sono stanche, sudate, ma non è automatico che stiano diventando più forti, più reattive, più resistenti.

Un’alternativa è ragionare in termini di densità:

  • stessa quantità di lavoro in meno tempo,

  • o un po’ più lavoro nello stesso tempo,

  • mantenendo però qualità tecnica e controllo del gesto.

In pratica:

  • se oggi fai 4 serie in 35 minuti, la settimana dopo puoi fare le stesse 4 serie in 32–33 minuti mantenendo la stessa tecnica;

  • oppure puoi mantenere la durata totale, ma ridurre i tempi morti, organizzando meglio la sequenza degli esercizi.

Meglio 25–35 minuti ben organizzati in cui sai cosa stai allenando, con recuperi pensati e movimenti che si parlano, che un’ora e mezza di esercizi messi in fila senza logica.

Qui entra in gioco l’autocontrollo:

  • fermarti prima che la tecnica collassi,

  • dare valore ai recuperi,

  • non inseguire la sensazione di essere “distrutta/o” come unico indicatore di efficacia,

  • accettare che alcune sedute “sentono meno” ma ti fanno fare il passo avanti che vedrai tra qualche settimana.

4. Allenamento al servizio della vita reale

Un buon programma non è quello perfetto sulla carta, ma quello che riesci a portare avanti per settimane, dentro la tua vita concreta. Il programma più intelligente del mondo, se lo fai per dieci giorni e poi lo abbandoni, vale meno di un programma semplice che puoi reggere per mesi.

Questo significa:

  • prevedere formati da 20–25 minuti per i giorni in cui il tempo è pochissimo, così puoi fare “la versione minima” senza saltare del tutto;

  • avere versioni da 30–40 minuti per le giornate “normali”, in cui riesci a lavorare su tutti e tre gli stimoli;

  • saper usare sedute da 45 minuti quando hai più margine, senza sentirti obbligata/o a farle sempre.

Che tu abbia figli piccoli, un lavoro con orari strani, periodi di esami o trasferte, il punto non è incastrarti in una routine da atleta professionista, ma trovare un modo perché l’allenamento sia una costante, non un’eccezione eroica. Il corpo si adatta alla regolarità degli stimoli, non ai picchi occasionali di motivazione.

5. Prima la qualità, poi la densità, poi il carico

Quando si parla di progressione, spesso si pensa solo a “mettere più peso”. In realtà l’ordine sensato è questo:

  1. Qualità del gesto – imparare il movimento, sentirti stabile, coordinata/o, a tuo agio.

  2. Densità – ridurre gradualmente le pause o organizzare meglio i blocchi per fare lo stesso lavoro in meno tempo, mantenendo tecnica.

  3. Carico – solo quando queste due cose sono solide, ha senso salire con pesi, ripetizioni o volume.

Se salti queste tappe, è più facile che il carico in più vada a scaricarsi su articolazioni e compensi, invece che diventare un vero stimolo di crescita.

Puoi usare una regola semplice:

  • per le prime 2–4 settimane con un nuovo esercizio, pensa a movimento pulito e ritmo;

  • nelle 4–6 settimane successive lavora su densità e organizzazione (meno pause inutili, blocchi più chiari);

  • solo dopo inizia a chiederti come aumentare carico o volume.

Questo approccio ti permette di crescere senza saltare tappe e riduce la probabilità di ritrovarti piena/o di piccoli dolori “misteriosi” dopo poche settimane.

Cosa dicono le evidenze (in parole semplici)

Senza trasformare l’articolo in una review tecnica, alcune cose emergono in modo piuttosto chiaro dalla letteratura su forza, potenza e organizzazione degli stimoli.

  • Programmi di forza con volume moderato ma organizzato ottengono miglioramenti di forza e massa muscolare comparabili a programmi con volumi molto più alti, se la qualità degli stimoli e la progressione sono chiare. L’aggiunta continua di serie senza logica non è ciò che fa la differenza.

  • L’uso di movimenti esplosivi (salti, balistici, sprint) ben dosati può migliorare la potenza in modo efficace anche quando il tempo è limitato, soprattutto se inseriti su basi di forza già costruite. Non serve dedicare intere sedute solo a questo tipo di esercizi: bastano poche serie ben eseguite.

  • La periodizzazione semplice – cioè variare nel tempo intensità, volume e tipo di stimolo in modo ordinato – tende a dare risultati migliori di allenamenti sempre uguali o confusi. Non parliamo di programmi complicatissimi, ma di blocchi in cui sai se stai lavorando di più sulla forza, sulla potenza o sulla resistenza.

  • Sul fronte salute, non serve allenarsi ore al giorno: anche volumi totali relativamente contenuti, se ben distribuiti nella settimana, migliorano capacità cardiorespiratoria, profilo metabolico e qualità della vita. La regolarità pesa più delle “maratone” di allenamento.

Tradotto: non hai bisogno di “vivere in palestra” per stare meglio e migliorare. Serve scegliere gli stimoli giusti, nella quantità giusta, con una progressione sensata, e lasciarli lavorare nel tempo.

Protocolli: come applicarlo nei tuoi allenamenti

Step 1 – Scegli i tuoi movimenti base

Prima di pensare a quante serie o a quanto carico, scegli che cosa vuoi migliorare e quali movimenti lo alimentano.

Un modo semplice per farlo:

  1. Definisci 1 obiettivo di gesto o performance.
    Per esempio: un salto più reattivo, uno sprint sui 15–25 metri, un certo numero di trazioni, uno squat più stabile, la capacità di alzarti e abbassarti da terra con più facilità.

  2. Scegli 3–5 movimenti madre legati a quell’obiettivo, pescando da:

    • anca dominante (stacco rumeno, hip thrust, ponte glutei, swing con kettlebell);

    • ginocchio dominante (squat, affondi, split squat, varianti a una gamba);

    • spinta (push-up, panca piana o inclinata, spinte con manubri o kettlebell);

    • trazione (rematore, trazioni, varianti con elastici o cavi).

  3. Taglia il superfluo.
    Se un esercizio non ha un ruolo chiaro rispetto all’obiettivo, è molto probabile che sia solo rumore. Meglio 3–4 gesti chiari che 10 esercizi messi “per riempire”.

  4. Stabilisci una gerarchia.
    Non tutti i movimenti hanno lo stesso peso: scegline 1–2 davvero centrali e considera gli altri come complementari.

Step 2 – Applica i tre stimoli nella seduta

Una volta scelti i movimenti, puoi organizzare la seduta usando potenza, intensità e metabolico come tre “blocchi” che si incastrano.

Un esempio di struttura generale:

  1. Blocco Potenza (6–10 minuti)
    2–4 serie di movimenti esplosivi, poche ripetizioni, recupero completo.

    Esempi:

    • salti controllati (varianti su due o una gamba);

    • sprint brevi (10–20 metri) con rientro camminando;

    • lanci con palla medica.

    Qui la priorità è qualità e freschezza: se ti senti già scarica/o, meglio ridurre serie o intensità.

  2. Blocco Intensità (15–20 minuti)
    2–3 movimenti base, 3–4 serie da 4–8 ripetizioni, recupero 1’30"–3’ a seconda del carico.

    Focus: tensione, controllo, traiettoria pulita, ritmo costante.

  3. Blocco Metabolico (5–10 minuti)
    Circuito breve con 2–3 esercizi, lavoro continuo 40–60 secondi, recupero 30–60 secondi.

    Obiettivo: alzare il respiro senza distruggere la tecnica. Meglio fare un giro in meno con movimenti decenti che un giro in più in modalità “sopravvivenza”.

Con questo schema, in 30–40 minuti puoi toccare tutti e tre gli stimoli senza trasformare ogni seduta in un’epopea. Man mano che ti abitui, puoi modulare la durata dei blocchi in base alle tue priorità.

Step 3 – Formati da 20–25, 30 e 45 minuti

A volte hai 20 minuti, a volte 30, a volte 45. Invece di sentirti in colpa, puoi usare formati diversi.

Formato 20–25 minuti (giorno “al volo”)

  • Riscaldamento breve (3–5 minuti) con mobilità essenziale e attivazione.

  • 1 esercizio di potenza, 2–3 serie.

  • 2 movimenti base in alternanza (per esempio uno di parte bassa e uno di parte alta), 3 serie ciascuno.

  • Niente blocco metabolico, o un mini-circuito molto essenziale di 4–5 minuti.

Il criterio: salvi la struttura (movimenti chiave e un minimo di stimolo esplosivo), accorciando ciò che è opzionale.

Formato 30–35 minuti (giorno “standard”)

  • Potenza: 1–2 esercizi, 3–4 serie totali.

  • Intensità: 2–3 movimenti base, 3 serie.

  • Metabolico: circuito breve 6–8 minuti.

È il formato “spina dorsale”: quello che puoi usare come riferimento per la maggior parte delle settimane.

Formato 40–45 minuti (giorno “con margine”)

  • Potenza: 2 esercizi, 3–4 serie.

  • Intensità: 3 movimenti base, 3–4 serie, con un po’ più di recupero.

  • Metabolico: 8–10 minuti, magari con una progressione settimanale.

Puoi usarlo nelle giornate in cui hai più spazio mentale e fisico, per inserire un po’ di volume in più senza rompere l’equilibrio complessivo.

L’idea non è cambiare completamente allenamento ogni volta, ma modulare il tempo attorno agli stessi movimenti chiave. Il corpo riconosce i gesti ripetuti e si adatta: la variazione sta nelle dosi, non nel caos continuo.

Step 4 – Settimana tipo con 2–3 sedute

Ecco due esempi pratici.

Settimana con 2 sedute (A / B)

  • Seduta A – parte bassa dominante (anca/ginocchio) + spinta

    • Potenza: salti o sprint brevi.

    • Intensità: uno squat + una panca.

    • Metabolico: circuito con varianti più leggere degli stessi movimenti.

  • Seduta B – parte alta dominante (trazione/spinta) + lavoro misto gambe

    • Potenza: lanci, balistici con kettlebell.

    • Intensità: rematore + variante di affondo.

    • Metabolico: circuito di tirate, spinte e core.

In mezzo puoi inserire camminate, mobilità o altri lavori leggeri, in base al tuo contesto.

Settimana con 3 sedute (A / B / C)

  • Seduta A – potenza + forza gambe (anca o ginocchio dominante).

  • Seduta B – forza parte alta + un tocco metabolico.

  • Seduta C – seduta più “ibrida”, con meno intensità ma più continuità (circuiti controllati, lavori a tempo).

Non serve che sia perfetto: quello che conta è che, guardando la settimana, tu veda stimoli diversi che si completano, non tre copie della stessa fatica. Se una settimana salta una seduta, puoi riadattare senza buttare via tutto.

Step 5 – Micro-test per capire se stai migliorando

Per sapere se l’approccio “meno ma meglio” funziona, hai bisogno di test semplici e ripetibili, non solo di sensazioni.

Puoi scegliere 1–2 test tra questi:

  • salto da fermo (misurando l’altezza in modo semplice, anche con un riferimento visivo);

  • sprint breve (per esempio 15–25 metri, cronometrato sempre nello stesso modo);

  • trazioni (numero di ripetizioni controllate);

  • un esercizio di forza chiave (per esempio 3–5 ripetizioni tecnicamente pulite con un certo carico).

Ogni 4–6 settimane ripeti gli stessi test, nelle stesse condizioni possibili.

  • Se i valori migliorano o restano stabili mentre ti senti meglio, sei in una buona direzione.

  • Se peggiorano costantemente, forse stai sommando stanchezza e poco adattamento.

  • Se migliorano ma ti senti sempre esausta/o, potrebbe essere il caso di rivedere densità e recupero.

Sono questi numeri – insieme a come ti senti nella vita reale – a dirti se l’allenamento sta davvero lavorando per te.

Segnali da osservare (e quando fermarsi)

Segnali che indicano che il mix sta funzionando

  • Hai stanchezza “pulita” dopo le sedute: ti senti sfidata/o ma non demolita/o.

  • Nel giro di 1–2 ore dall’allenamento torni operativa/o per il resto della giornata, senza sentirti “annullata/o” fino a sera.

  • Noti progressi nei test o nella sensazione di stabilità nei gesti (salire le scale, alzarti da terra, spostare pesi quotidiani, fare movimenti rapidi senza paura).

  • Riesci a mantenere 2–3 sedute a settimana per vari cicli, senza dover continuamente fermarti per dolori o crolli di energia.

  • Ti accorgi che alcune cose quotidiane diventano più facili (portare borse, fare le scale, tenere il ritmo in passeggiata), anche se la bilancia o lo specchio non cambiano in modo spettacolare.

Segnali che stai esagerando (anche se fai “poche” sedute)

  • Dolori articolari che aumentano seduta dopo seduta, sempre nelle stesse zone, senza che tu abbia cambiato qualcosa per alleggerire.

  • Tecnica che collassa già dalle prime serie “pesanti”, con compensi evidenti (schiena che si inarca troppo, ginocchia che crollano, spalle che si chiudono).

  • Recupero sempre più lento: DOMS estremi per molti giorni, difficoltà a fare scala, sederti, dormire bene.

  • Sensazione di essere perennemente “scarica/o”, con voglia quasi nulla di allenarti, anche se sulla carta il volume non sembra enorme.

  • Hai sempre bisogno di “caricarti” con stimoli forti (musica, caffeina, pre-workout) per riuscire anche solo a iniziare la seduta.

In questi casi, il problema non è che ti stai allenando troppo poco, ma che stai usando male il tempo che hai. Vale la pena ridurre un po’ la densità, scegliere meno esercizi chiave, curare meglio il recupero e, se serve, inserire una settimana di scarico.

Red flag: quando confrontarti con un Professionista

Alcuni segnali meritano un passaggio in più con il tuo Medico, Fisioterapista o altro Professionista di riferimento:

  • dolore acuto, improvviso, ben localizzato, che limita in modo netto un gesto (per esempio non riesci più a caricare peso su una gamba);

  • sintomi sistemici come febbre, affaticamento estremo, giramenti di testa ricorrenti, fiato corto fuori contesto;

  • ritorno in campo dopo infortuni importanti o interventi chirurgici;

  • peggioramenti rapidi di forza o coordinazione che non si spiegano solo con stanchezza o stress.

In queste situazioni, l’obiettivo non è “stringere i denti” ma ristrutturare l’allenamento con chi ha la competenza clinica per farlo. A volte fermarsi e ripensare il carico è la scelta più allenante che puoi fare.

FAQ su Allenamento e stimoli

Quante sedute servono davvero per vedere risultati?
Per molte persone, 2–3 sedute ben costruite alla settimana sono sufficienti per migliorare forza, potenza e fiato. La chiave è la continuità: se riesci a mantenere questo ritmo per mesi, i risultati tendono a essere migliori di periodi brevi con 5–6 sedute a settimana seguiti da lunghi stop. Conta più quante settimane di fila riesci a stare “sul pezzo” che quante sedute fai in quella singola settimana perfetta.

Posso aggiungere cardio extra senza “rovinare” questo tipo di allenamento?
Sì, se lo fai con criterio. Puoi inserire camminate, bici leggera o altre attività a bassa intensità nei giorni off o lontano dalle sedute di forza. Se inizi ad aggiungere cardio intenso ovunque, senza recupero, il problema non sarà il mix di stimoli in sé, ma la somma totale di fatica. Una buona regola: prima consolida 2–3 sedute di forza, poi aggiungi a piccoli passi, non tutto in una volta.

Devo arrivare a cedimento muscolare per progredire?
Non è necessario arrivare al cedimento in ogni serie. Per molte persone basta lavorare “vicino” al cedimento (lasciando 1–3 ripetizioni in riserva) la maggior parte del tempo, usando il cedimento in modo mirato solo su alcuni esercizi e periodi. Questo ti permette di migliorare senza bruciarti. Il cedimento può restare uno strumento, non uno stile di vita.

Come adatto il metodo se ho articolazioni delicate o qualche acciacco?
La logica resta la stessa, ma scegli varianti più amichevoli per le articolazioni (per esempio box squat, spinte con manubri invece che bilanciere, trazioni assistite). Puoi ridurre i salti e sostituire alcuni gesti di potenza con movimenti esplosivi ma più controllati (per esempio balistici con kettlebell). Se il dolore è frequente o peggiora, è il momento di confrontarti con un Professionista per capire come modulare carichi, frequenza e tipi di esercizi.

Cosa faccio se salto una settimana intera di allenamenti?
Non serve punirti con sedute doppie. Riprendi dal formato da 20–30 minuti, con un po’ meno densità e attenzione massima alla tecnica. Nel giro di 1–2 settimane puoi tornare gradualmente ai volumi abituali. L’importante è evitare il ciclo “stop lungo → rientro eroico → nuovo stop”. Pensala così: la priorità è riprendere il ritmo, non recuperare “tutto quello che hai perso”.

Questo approccio va bene anche se gioco a uno sport di squadra?
Sì, può essere una buona base di forza, potenza e resistenza specifica. In quel caso, le sedute di forza diventano il supporto allo sport, non il centro di tutto. Ha senso ridurre il volume di forza nei periodi di gara più densi e concentrarsi su qualità e recupero. Puoi tenere 1–2 sedute brevi di forza a settimana, modulando i blocchi in base a quanto carico hai in campo.

Come capisco se sto scegliendo i carichi giusti?
Come regola pratica, nelle serie principali dovresti arrivare all’ultima ripetizione sentendo che potresti aggiungerne 1–2 con buona tecnica, non 5–6. Se a metà serie la tecnica crolla, il carico è troppo alto o la densità troppo spinta. Se finisci ogni serie con la sensazione di poterla rifare identica tre volte, probabilmente stai lavorando troppo lontano dallo stimolo utile. Puoi usare la regola del “parlare”: se durante la serie potresti fare un discorso lungo, sei troppo lontana/o dallo sforzo; se non riesci a dire nemmeno due parole, forse sei andata/o oltre.

Se ho poco tempo, ha senso fare solo il blocco intensità e saltare il resto?
In alcuni periodi sì: meglio un blocco ben fatto di forza che niente. Nel lungo periodo, però, inserire anche piccoli tocchi di potenza e metabolico rende l’allenamento più completo. Puoi alternare sedute solo intensità e sedute con struttura completa, in base alle settimane.

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Cecilia Valeria Rossi

Guida MOVE · Forza & Mobilità
Strength & Conditioning per la vita reale: forza essenziale, mobilità e cardio 80/20 con progressioni sostenibili.

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