Complessità in allenamento: come usare la varietà negli stimoli

Quando pensi alla “progressione” in allenamento, probabilmente ti vengono in mente carichi che aumentano, serie in più, minuti aggiunti al cardio.

È la versione classica: più peso, più ripetizioni, più tempo.

C’è però un’altra leva di cui si parla poco: la complessità degli esercizi e dei compiti motori, cioè come ti muovi, quante parti del corpo coinvolgi, quanto l’ambiente e il contesto ti obbligano ad adattarti.

In questo articolo vediamo come usare la complessità come variabile di allenamento, senza trasformare ogni sessione in un circo, e come integrarla con le basi di forza, mobilità e cardio.

Per chi è / Non è

Per chi è

  • per te che ti alleni da un po’ e senti di essere “sempre uguale”, anche se aumenti un po’ i carichi;

  • per chi è curiosa/o di allenamento funzionale, ma non vuole cadere negli esercizi acrobatici fini a sé stessi;

  • per chi allena forza e cardio in modo regolare e vuole aggiungere stimoli che parlino anche a coordinazione, equilibrio e capacità di adattarsi;

  • per chi lavora con il corpo (sport, lavoro fisico, performance) e vuole un fisico che sappia fare cose diverse, non solo una.

Non è per te se

  • sei all’inizio totale e non hai ancora imparato i movimenti base in sicurezza (squat, spinta, tirata, hinge…);

  • cerchi una lista infinita di esercizi “strani” da copiare da Instagram;

  • hai in corso dolori acuti, infortuni importanti o condizioni cliniche complesse: qui serve prima un lavoro mirato con il/la Professionista che ti segue.

In breve

La complessità è una variabile di allenamento a tutti gli effetti: come volume, intensità, densità. Non si tratta di fare esercizi sempre diversi a caso, ma di aumentare la varietà e l’imprevedibilità degli stimoli in modo progressivo e sensato.

In pratica:

  • la complessità si esprime attraverso passaggi come stabile → instabile, bilaterale → unilaterale, lento → veloce, compito singolo → “double task”;

  • aggiungere complessità allena il sistema nervoso, la coordinazione, l’equilibrio e la capacità di adattarsi a contesti diversi;

  • troppa complessità, troppo presto, crea solo rumore: non migliori su niente e aumenti il rischio di errori e frustrazione;

  • la base resta sempre la stessa: movimenti fondamentali eseguiti bene, carichi adeguati, progressione nel tempo;

  • la complessità è una spezia, non il piatto principale: ti serve per rendere più completo lo stimolo, non per sostituire le fondamenta.

Princìpi

1. La complessità è una progressione, non un ornamento

In molti programmi la complessità viene trattata come decorazione: un esercizio “figo” buttato a fine circuito per far sembrare la sessione più interessante.

In realtà la ricerca suggerisce che la complessità può essere usata come vera e propria strategia di progressione, al pari di aumentare carico o volume: cambiare posizione, piano di movimento, stabilità, velocità cambia il tipo di adattamento che il corpo costruisce.

2. Varietà ≠ caos: serve una logica

Allenarsi sempre con gli stessi esercizi, sulle stesse macchine, con lo stesso schema, porta a miglioramenti limitati e molto specifici.

All’estremo opposto, cambiare tutto ogni volta senza criterio porta a un altro problema: nessuna ripetizione sufficiente di uno stimolo perché il corpo possa consolidare competenze e forza.

La complessità utile vive in mezzo: varietà guidata, non caos creativo.

3. Più complessità → più sistemi coinvolti

Aumentare complessità di solito significa:

  • coinvolgere più segmenti (da uni-segmentale a multi-segmentale);

  • muoversi su più piani (da uni-planare a multi-planare);

  • aggiungere richieste di equilibrio, stabilità, reattività;

  • chiedere al cervello di gestire due compiti insieme (double task).

Il risultato sono adattamenti più “multicomponente”: non alleni solo un muscolo o un gesto, ma la capacità del sistema di organizzarsi in situazioni meno prevedibili.

4. Complessità diversa per persone diverse

Per una persona può essere complesso fare uno squat a corpo libero in piedi su superficie stabile.

Per un’altra, già forte e coordinata, la complessità arriva quando:

  • lavora in appoggio monopodalico;

  • introduce cambi di direzione rapidi;

  • aggiunge un compito cognitivo (contare, reagire a segnali, gestire un pallone…).

Non esiste un livello di complessità “assoluto” buono per tutti: va calibrata su esperienza, obiettivi, contesto.

5. La complessità non sostituisce la forza di base

La tentazione, soprattutto con l’allenamento “funzionale”, è mollare le fondamenta (spinte, tirate, piegamenti, hip hinge, trazioni) per dedicarsi solo a esercizi instabili o acrobatici.

È un errore. La complessità ha senso sopra una base di forza, mobilità e controllo già presenti. Senza fondamenta, la complessità diventa solo un modo più creativo per compensare e scomporre i movimenti.

Cosa dicono le evidenze

Complessità come strategia di progressione del carico

Uno dei lavori più citati su questo tema propone proprio la complessità come nuova strategia di progressione del carico nell’allenamento di forza.

In sintesi, l’idea è:

  • le tradizionali variabili di progressione (carico, volume, densità) non esauriscono le possibilità;

  • si possono usare anche progressioni di complessità, passando ad esempio da esercizi stabili a instabili, da mono-piano a multi-piano, da compiti semplici a compiti combinati;

  • queste progressioni mirano a sviluppare adattamenti più funzionali alla vita reale e a sport che richiedono coordinazione, equilibrio e reattività.

Il lavoro di La Scala Teixeira e colleghi va in questa direzione e offre proprio una tassonomia di progressioni di complessità.

Linee guida classiche + complessità

Le linee guida tradizionali sull’allenamento contro resistenza per adulti sani insistono ancora su elementi come:

  • scelta degli esercizi;

  • ordine dei movimenti;

  • carico (% del massimale);

  • numero di serie e ripetizioni;

  • frequenza settimanale.

La complessità non sostituisce questi parametri, ma li integra. Una buona programmazione non rinuncia a carico e volume: li combina con livelli crescenti di complessità quando la persona ha costruito sufficiente base.

Complessità, superfici instabili e core: cosa ci dicono i dati

L’uso di superfici instabili e situazioni più complesse è stato studiato molto in ambito riabilitativo e di condizionamento del core.

Alcuni punti emersi:

  • lavorare in condizioni instabili può aumentare l’attivazione di alcuni muscoli stabilizzatori e migliorare equilibrio e controllo;

  • per sviluppare forza massimale su gruppi muscolari specifici, l’uso esclusivo di superfici molto instabili può ridurre i carichi gestibili e quindi limitare i guadagni di forza;

  • in molte linee guida si suggerisce di usare instabilità e complessità in modo mirato, soprattutto per core, prevenzione infortuni e performance specifiche, non come unica forma di allenamento.

Tradotto: la complessità è uno strumento valido, ma va dosata e inserita nel contesto giusto.

In pratica

Step 1 – Consolida la base

Prima di pensare a superfici instabili, double task e giochi di equilibrio, assicurati di avere:

  • movimenti fondamentali puliti (squat, hip hinge, spinta orizzontale e verticale, tirata, anti-rotazione);

  • carichi che ti permettono di allenarti con tecnica stabile per il numero di ripetizioni previsto;

  • un minimo di continuità (ti alleni da almeno qualche mese in modo regolare).

Se sei ancora in questa fase, la complessità è semplicemente imparare bene i pattern e sentirti stabile nei movimenti base.

Step 2 – Aggiungi complessità con una leva alla volta

Quando la base è presente, puoi iniziare a introdurre complessità scegliendo una sola dimensione alla volta. Alcuni esempi:

  • Stabile → leggermente instabile

    • affondi in avanti su superficie stabile → affondi camminati su terreno leggermente irregolare;

    • plank classico → plank con appoggi che cambiano (mani su rialzo, poi a terra).

  • Bilateral → unilaterale

    • squat con bilanciere → split squat / affondi;

    • rematore con bilanciere → rematore con manubrio in appoggio monopodalico controllato.

  • Lento → più veloce (mantenendo controllo)

    • step-up controllati → step-up esplosivi con fase concentrica più rapida;

    • lanci di palla lenti → lanci reattivi con richiesta di risposta a un segnale.

  • Single task → double task leggero

    • camminata veloce → camminata veloce contando all’indietro a intervalli;

    • esercizio di equilibrio su una gamba → stesso esercizio mentre sposti una palla da una mano all’altra.

L’obiettivo non è rendere tutto difficilissimo, ma chiedere al corpo un po’ più organizzazione rispetto alla versione base.

Step 3 – Un esercizio complesso per volta, non tutto insieme

Per molte persone ha senso inserire:

  • 1 esercizio a complessità un po’ più alta in ciascuna sessione;

  • il resto dell’allenamento strutturato su esercizi fondamentali relativamente stabili.

Ad esempio:

  • parte principale: squat, panca, rematore, hip hinge;

  • “pezzo complesso”: un circuito breve con lanci di palla, esercizi multi-planari, double task leggero.

In questo modo conservi:

  • sufficiente volume e intensità per costruire forza e muscolo;

  • abbastanza complessità per allenare coordinazione, equilibrio, capacità di adattarti.

Step 4 – Incastra la complessità nel quadro più grande

La complessità non vive da sola. Va inserita nel quadro di:

  • allenamento di forza e cardio che già stai seguendo;

  • movimento quotidiano (camminate, attività non schedulate);

  • sonno e recupero;

  • alimentazione che sostiene gli adattamenti.

Se vuoi una guida più ampia su come combinare forza, cardio e recupero in modo sostenibile, puoi usare anche l’articolo su allenarti di meno e ottenere di più, dove lavoriamo proprio sul mix di stimoli.

Step 5 – Da dove inizi oggi

Per usare la complessità in modo sensato, puoi iniziare da uno dei tuoi esercizi base e chiederti: quale piccola variazione potrei introdurre oggi per chiedere al mio corpo un po’ più organizzazione, senza perdere controllo? Scegline una sola, mantieni stabile il resto e osserva come ti muovi e come ti senti nelle settimane successive.

Segnali da osservare (e quando fermarti)

Segnali che stai usando bene la complessità

  • ti senti più sicura/o nei movimenti, meno “rigida/o”;

  • migliorano equilibrio e controllo nei gesti di tutti i giorni (salire le scale, portare borse, muoverti su terreni irregolari);

  • percepisci l’allenamento come mentalmente stimolante ma non confuso;

  • riesci a collegare le progressioni (senti che la versione complessa nasce dalla versione base, non è un altro esercizio slegato).

Segnali che stai esagerando o creando rumore

  • ti senti spesso “persa/o” durante gli esercizi, non capisci più quale sia l’obiettivo;

  • hai dolori articolari ricorrenti legati a posizioni instabili o movimenti che non controlli;

  • non vedi progressi né su forza né su controllo: ti senti sempre allo stesso livello, solo più stanca/o;

  • ti alleni in contesti caotici (tappetini, bosu, lanci, salti) ma poi fai fatica sulle basi come squat, spinta, tirata, camminata veloce.

Se riconosci diversi di questi segnali:

  • riduci la complessità;

  • torna a lavorare sulle fondamenta con esercizi più semplici;

  • valuta di farti seguire da un/a Coach o Fisioterapista con cui ritarare il livello giusto per te.

FAQ Complessità in allenamento

Devo cambiare esercizi ogni volta per allenare la complessità?
No. La complessità non è fare ogni seduta un allenamento completamente diverso. Puoi mantenere gli stessi pattern (squat, spinta, tirata…) e lavorare sulla varietà dentro quei pattern: ad esempio, introducendo versioni monopodaliche, multi-planari o con richieste di equilibrio leggermente maggiori.

L’allenamento su superfici instabili fa bruciare più grasso?
Non direttamente. Le superfici instabili possono aumentare il lavoro di alcuni muscoli stabilizzatori e migliorare equilibrio e controllo, ma di solito riducono i carichi massimi gestibili. Se il tuo obiettivo principale è il dimagrimento, contano di più volume di attività, forza di base e gestione dell’alimentazione. La complessità serve a renderti più capace e resiliente, non è una scorciatoia metabolica.

Quanta complessità ha senso se ho poco tempo?
Se hai poco tempo, punta su:

  • 2–3 esercizi fondamentali ben eseguiti;

  • 1 esercizio o mini-circuito un po’ più complesso.

È sufficiente per stimolare anche coordinazione e adattabilità senza sacrificare la base.

La complessità aumenta il rischio di infortunio?
Dipende da come la usi. Se salti direttamente a esercizi molto instabili o acrobatici senza base, sì, il rischio di errori e sovraccarichi aumenta. Se invece introduci complessità in modo graduale, con progressioni sensate e ascoltando i segnali del corpo, può essere uno strumento utile anche in prevenzione.

Pronto ad iniziare con il Metodo Oukside?

Fai il Never Diet Test (9 domande, 2 minuti) e ricevi la guida Never Diet Essential.

Fai il Never Diet Test
Mappa personale + Guida gratuita — 4 Aree / 9 Fattori
Cecilia

Guida MOVE · Forza & Mobilità
Strength & Conditioning per la vita reale: forza essenziale, mobilità e cardio 80/20 con progressioni sostenibili.

↑ Clicca sul nome per vedere tutti gli articoli

Indietro
Indietro

Mangiare di più, mangiando di meno: aumenta il peso senza ingolfarti

Avanti
Avanti

Stress, relax, adapt: come usare cicli di carico e recupero