La verità sul cibo fritto
Il “senso comune” ereditato dalla dietetica degli anni ‘80 ci dice che tutto ciò che è fritto è male, e le pietanze dovrebbero essere preparate con bolliture e cotture al vapore, ad andare bene una passata in forno, “ma con poco olio, eh!”.
Visione supportata, recentemente, dall’arrivo anche della in friggitrice ad aria: un fornetto ad aria molto potente, che “fa la crosta”, ma non frigge.
Se è vero che “mediaticamente” è molto più facile dire “Evita il fritto” piuttosto che addentrarsi nelle spiegazioni più dettagliate, qui vogliamo spiegarti come stanno le cose, e come friggere per avere un occhio di riguardo anche dal punto di vista della salute.
Questo non vuol dire sfociare sul versante opposto, in cui “friggere fa sempre bene perché stimola la colecisti”.
Partiamo da un presupposto: non è vero che la frittura di per sé faccia male alla salute, ma può diventare insalubre in determinate condizioni: cerchiamo di capire quali.
Frittura e punto di fumo
Il punto di fumo di un olio o grasso corrisponde alla temperatura a cui gli acidi grassi in esso contenuti si degradano. Al punto di fumo l’olio inizia, per l’appunto, a produrre fumo. A questa temperatura (che differisce da grasso a grasso) si iniziano a sviluppare quantità notevoli di sostanze con un certo grado di tossicità. Riconosci che l’olio è arrivato al punto di fumo anche per l’odore acre caratteristico (dato dalla produzione di acroleina).
Il punto di fumo è influenzato dal grado di acidità dell’olio (cioè dalla quantità di acidi grassi in esso presenti), di altre impurità e del livello di idratazione: il burro, ad esempio, contiene un po’ d’acqua e impurità che fanno sì che il suo punto di fumo sia più basso di quello dell’olio, o del suo fratello “ghee” o “chiarificato” (si tratta di burro, appunto, al quale vengono ridotte impurità e idratazione).
Evitare il punto di fumo è utile anche per ridurre il rischio che gli acidi grassi si ossidino. In particolare, gli acidi grassi polinsaturi (come quelli presenti in buone quantità nel pesce o nei semi) sono più “delicati” di quelli saturi. Alcuni oli, però, contengono antiossidanti che riducono questo processo ossidativo (ad esempio, l’olio di semi o girasole o di arachide).
Grassi e olii per friggere
Fatto questo preambolo, con che olii e grassi sarebbe meglio friggere? Avrai capito che i grassi migliori per friggere sono quelli con “alto punto di fumo” e/o più raffinati. In particolare:
Olio di oliva (raffinato)
Olio di arachide
Olio di girasole alto oleico
Olio di cocco
Strutto
Ghee (Burro chiarificato)
Se friggi, friggi bene
Un fritto fatto bene richiede una grande quantità di olio in proporzione al cibo da friggere, così da evitare che la temperatura si abbassi bruscamente quando vi si immerge il cibo da friggere. La frittura fatta bene la riconosci perchè risulta croccante, dorata e “non sa di fritto”. L’olio bollente infatti crea una “sigillatura” esterna, non penetra nell’alimento, ma resta in superficie rendendola croccante.
Per questo, un fritto fatto bene non è indigesto (e neppure troppo grasso). Paradossalmente, la frittura in padella con poco olio, dove il cibo non è immerso completamente, porta ad un maggiore assorbimento dell’olio. Questo perché quando la temperatura dell’olio si abbassa, non si crea subito “la crosticina” e l’olio ha tutto il tempo di penetrare nel cibo — tanto più quanto più il cibo è poroso.
In breve, ecco le indicazioni per un “fritto salutare”:
Abbonda con l’olio
Usare poco olio fa sì che la sua temperatura si abbassi appena metti il cibo da friggere e l’olio entri nel cibo.Usa un olio con alto punto di fumo
È bene che l’olio arrivi ad alte temperature, in modo da “chiudere” il cibo non appena lo immergi.Friggi pochi pezzi alla volta
È essenziale che la temperatura dell’olio non si abbassi drasticamente quando vi immergi il cibo, in modo da creare la crosticina che fa da “sigillo”.Evita bruciature e residui
Alla fine della frittura, il cibo fritto non dovrebbe inondare la carta assorbente, ma soltanto bagnarla, senza residui bruciati; un buon fritto, inoltre, lo riconosci dal fatto che non è eccessivamente pesante sia in termini di sapore che di digestione.
Soffriggere equivale a friggere?
Il soffritto non è una frittura. Il soffritto implica l’uso di poco olio in padella, in cui si aggiungono alimenti idratati, a volte anche un po’ di acqua oppure vino o aceto. Questo significa che difficilmente si arriverà a temperature tali da raggiungere il punto di fumo.
Non serve, quindi, usare soltanto olio a crudo: puoi rendere le tue verdure più gustose proprio grazie a un buon soffritto. La “regola” di un buon soffritto è far arrivare le pietanze a imbiondire, non imbrunire.
Colecisti e risposta alla frittura
Si è diffusa l’idea che mangiare fritto di tanto in tanto faccia bene alla colecisti, perché la aiuta a “fare il suo lavoro” di produzione e secrezione di acidi biliari. In realtà, è la quantità di grassi e non il fritto in sé a determinare questo.
Al contrario, mangiare fritto di continuo può creare un’eccessiva saturazione di colesterolo nella bile, con la conseguente formazione di calcoli.
Come spesso accade nel settore fitness e nutrizione, le informazioni vanno analizzate all’interno del loro contesto. Il fatto che “la frittura di tanto in tanto faccia bene” è vero in un contesto in cui le persone credono che il benessere derivi da un’alimentazione priva di grassi (per cui assumere grassi in buona quantità, ogni tanto, farebbe bene).
Questo non vale se l’alimentazione è già “bilanciata” in termini di nutrienti, senza demonizzare alcun cibo. In questo senso, il problema non si pone se un’alimentazione è “ben fatta” e a quel punto il fritto rientra, come ogni altra cosa, all’interno di un quadro più ampio.
Puoi mangiare fritto ogni volta che vuoi?
Che “non faccia male” non dovrebbe significare avere libertà di mangiare fritto ogni volta che si vuole. Parliamo in ogni caso di un metodo di cottura che aumenta la gustosità del cibo in modo consistente e questo, nel tempo, potrebbe allontanare dai sapori naturali e rendere difficile riconoscere i segnali di fame e sazietà.
Per il fritto, quindi, valgono le stesse regole di buon senso che valgono per qualsiasi altra cosa: mangeresti una cosa ogni volta che vuoi perché hai capito che “non fa male”? No.
Sul fritto vale lo stesso: si tratta di capire che non va evitato come la peste, ma può essere usato in un contesto globale di buone abitudini alimentari, sempre con un approccio di buon senso.
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