Low carb o low fat: come trovare la tua quota di carboidrati

EAT

Il dibattito “low carb vs low fat” è diventato un derby: c’è chi demonizza i carboidrati e chi demonizza i grassi. Nella vita reale, però, il tuo corpo non tifa una squadra: prova a funzionare bene con il carburante che gli dai, nel contesto in cui vivi.

Questa guida serve a una cosa sola: aiutarti a trovare la tua quota di carboidrati che ti fa rendere, ti fa aderire e ti fa stare bene. Non per una settimana “perfetta”, ma per mesi.

Per chi è / Non è

Per chi è

  • Vuoi dimagrire o fare ricomposizione corporea senza trasformare i macro in un’identità.

  • Ti alleni e vuoi capire quando alzare o abbassare i carboidrati senza mandare in crisi fame, performance e recupero.

  • Hai provato “low” o “high” e ti sei accorto che il problema non è la teoria: è la sostenibilità.

Non è per chi

  • Cerca la promessa “zero carbo per sempre” o “high carb miracoloso” come scorciatoia.

  • Vuole regole sacre uguali per tutti, ogni giorno.

  • Ha una situazione clinica che richiede supervisione stretta (farmaci per glicemia, gravidanza, DCA, patologie renali/epatiche): qui serve un lavoro dedicato con chi ti segue.

In breve

Se ti perdi nei dettagli, tieni questa bussola: proteine come struttura, grassi come supporto (e qualità), carboidrati come manopola. Il punto non è “quanti carbo dovrebbero mangiare tutti”, ma “quanti carbo ti aiutano a vivere bene il tuo obiettivo”.

  • A parità di energia e proteine, spesso non vince un macro: vince l’aderenza.

  • Cambiare carboidrati cambia anche acqua e glicogeno: non confondere la bilancia con il grasso.

  • Se ti alleni duro, i carboidrati sono spesso la differenza tra “mi alleno” e “mi trascino”.

  • Se vuoi dimagrire, la manopola serve soprattutto a creare un deficit senza perdere lucidità e controllo.

Princìpi

1) “Low” e “high” sono range, non etichette

“Low carb” e “low fat” non sono definizioni scolpite nella pietra. Sono range operativi utili per testare una risposta: energia, fame, sonno, performance, digestione.

Se vuoi un riferimento pratico (da usare con elasticità): sotto circa 130–150 g/die molte persone percepiscono un assetto “low”, sopra 200 g/die spesso si entra in territorio “high”. Ma il tuo “low” potrebbe essere il “medio” di un’altra persona.

2) La struttura del piatto conta più del tifo

Indipendentemente dalla quota di carboidrati, se la base della tua alimentazione è fatta di cibi molto processati, liquidi ipercalorici e pasti caotici, la discussione sui macro è rumore.

Se vuoi un “pavimento” solido, qui ti torna utile la logica del cibo vero: che cos’è davvero.

3) Proteine: la leva più stabile

Se c’è una variabile che tende a rendere il sistema più robusto (sazietà, preservazione della massa, gestione del deficit) è una quota proteica adeguata e costante.

Non serve l’ossessione del numero, ma serve una base: molte persone stanno bene con una quota nell’ordine di 1,6 g/kg di peso obiettivo (poi si aggiusta in base a fame, sport, storia e preferenze).

4) Grassi: non solo “quanti”, ma “quali”

Quando alzi i grassi, spesso aumentano sazietà e densità energetica. Ma per salute cardiometabolica e profilo lipidico, la qualità è un punto chiave: in generale, mono- e poli-insaturi tendono a essere un alleato più affidabile rispetto a quote alte di saturi.

Se vuoi approfondire senza terrorismo: grassi saturi e colesterolo.

5) Carboidrati: la manopola più “visibile” sul quotidiano

I carboidrati spesso impattano in modo immediato su:

  • qualità degli allenamenti ad alta intensità (potenza, volume, ripetute, forza);

  • recupero e sonno (in molte persone, non in tutte);

  • craving e “rumore mentale” quando il taglio è troppo aggressivo.

Per questo sono una manopola utile: perché ti danno feedback veloci. Il rischio è trasformare la manopola in un dogma.

6) Deficit sì, contabilità perfetta no

Dimagrire significa creare e gestire un deficit energetico nel tempo, “dirottato” verso il grasso corporeo. Ma non puoi calcolare con precisione assoluta il rapporto “Kcal IN / Kcal OUT” nella vita reale.

Quello che puoi fare è costruire un sistema che, nel tempo, ti dia segnali coerenti che stai attingendo dal grasso corporeo: trend, performance sostenibile, fame gestibile, routine ripetibile.

Se vuoi la versione completa (termica + fisiologia + pratica), vedi The Calorie Project.

7) Cicli brevi battono fasi eterne

Molte persone non falliscono perché scelgono “low” o “high”, ma perché lo rendono rigido. Alternare periodi più bassi e più alti (guidati dall’allenamento e dalla vita reale) spesso aumenta aderenza e riduce gli effetti collaterali.

Se ti interessa la logica di “saper cambiare carburante”, leggi l’articolo sulla flessibilità metabolica.

Cosa dicono le evidenze

La letteratura, nel complesso, non incorona un vincitore universale. Tradotto in parole utili:

  • Peso e composizione corporea: quando energia e proteine sono comparabili, le differenze di perdita di grasso tra approcci low-carb e low-fat tendono a restringersi. In molti casi cambia più facilmente l’aderenza (fame, soddisfazione, praticità) che una “magia” del macro.

  • Metabolic ward e “vantaggio metabolico”: in studi controllati in cui l’energia è strettamente gestita, l’idea di un grande vantaggio “automatico” del taglio carboidrati non regge come slogan. Le differenze esistono, ma sono più piccole e più contestuali di come vengono vendute.

  • Lipidi: mediamente, approcci più bassi in carboidrati tendono a migliorare trigliceridi e HDL; approcci più bassi in grassi (soprattutto se riducono saturi e aumentano insaturi) tendono a favorire la riduzione di LDL. Qui non è “low vs high”: è anche che grassi e che carboidrati.

  • Glicemia e controllo dell’appetito: in alcune persone (specie con insulino-resistenza), una riduzione dei carboidrati può rendere più semplice gestire fame e glicemia. Non è un invito a “zero carbo”: è un invito a trovare la quota che ti rende stabile.

  • Performance: per lavori ad alta intensità, la disponibilità di carboidrati e glicogeno resta un fattore importante per qualità e volume dell’allenamento. Questo non significa che devi essere “high” sempre: significa che devi saper scegliere quando.

Nella vita reale: trova la tua quota in 5 mosse

Questa è una strategia “da persona che vive”, non da laboratorio.

Step 1 — Decidi cosa stai ottimizzando (ora)

Scegli una priorità principale per 4–6 settimane:

  • dimagrimento con energia stabile;

  • performance e progressione in allenamento;

  • equilibrio (meno craving, più controllo, più routine).

Scegli anche 2–3 indicatori che userai per giudicare (non 12): trend del peso o circonferenze, qualità allenamento, fame/energia, sonno.

Step 2 — Metti la base in sicurezza

Per 7–10 giorni:

  • tieni una quota proteica stabile (senza perfezionismo);

  • struttura 2–4 pasti “veri” (niente caos continuo);

  • aggiungi movimento facile quotidiano (anche solo camminare).

Se ti interessa la base comportamentale, non solo nutrizionale, impara a creare abitudini che tengono.

Step 3 — Scegli una quota iniziale di carboidrati (o una regola equivalente)

Se ti va di ragionare in grammi, parti da una quota moderata e testabile (ad esempio 100–150 g/die). Se non vuoi contare, usa una regola per porzioni: 1–2 “porzioni carbo” al giorno nei giorni leggeri, 2–4 nei giorni duri, lasciando proteine costanti.

L’obiettivo è avere un punto di partenza chiaro, non “indovinare il numero perfetto”.

Step 4 — Distribuisci i carboidrati dove ti servono

Due regole semplici:

  • vicino alle sedute dure o tecniche, i carboidrati tendono a “rendere di più”;

  • nei giorni a bassa richiesta, puoi ridurli per semplicità e per gestire meglio il deficit.

Esempio di micro-ciclo (se ti alleni 3–4 volte a settimana):

  • 3–5 giorni “più bassi” (quota stabile e semplice);

  • 1–2 giorni “più alti” vicino alle sedute chiave.

Step 5 — Aggiusta in piccoli step, non a caso

Ogni 10–14 giorni scegli una sola correzione:

  • +30–50 g di carboidrati (o 1 porzione) se performance e sonno sono crollati;

  • -30–50 g (o 1 porzione) se fame eccessiva non è un problema ma il trend non si muove e la vita è già sostenibile;

  • nessun cambiamento se i segnali sono buoni: la stabilità è una skill.

 

Approccio ultra-minimal: “guarda solo i carboidrati” (se ti serve semplicità)

Se in questo periodo ti serve una regola semplice (non “perfetta”), puoi usare i carboidrati come unica manopola a parità di basi:

  • proteine adeguate ogni giorno;

  • verdure e cibo “vero” come struttura del piatto;

  • grassi “q.b.” per sazietà e gusto.

Poi regoli quasi solo i carboidrati: li abbassi quando vuoi creare più facilmente un deficit, li alzi quando l’allenamento è più intenso o hai bisogno di performance e recupero.

Funziona perché riduce il rumore decisionale. Ma è una semplificazione: se diventa una religione (“basta guardare X e tutto si risolve”), rischi di cadere nell’errore opposto. Se ti interessa il tema, qui trovi la cornice completa: l’illusione della dieta.

 

Segnali da osservare (e quando fermarsi)

Segnali che stai usando bene la guida

  • Energia abbastanza stabile durante la giornata.

  • Fame presente ma gestibile (non un ronzio continuo).

  • Allenamenti “vivi”: qualità e progressione, non sopravvivenza.

  • Sonno che non peggiora.

  • Trend di 2–4 settimane coerente con l’obiettivo.

Segnali che stai esagerando (o ti stai incastrando)

  • Vertigini, cali cognitivi, sedute pessime ripetute: spesso non è “mancanza di disciplina”, è sottocarico.

  • Craving che esplodono e pensiero ossessivo sul cibo: quota non sostenibile, non strategia.

  • Digestione che peggiora perché “compensi” con grassi eccessivi o con fonti sempre uguali.

  • Sonno peggiore e stress più alto: il macro non è separato dal contesto. Se vuoi lavorare su questo, ti torna utile anche stress: relax–adapt e dormi meglio stanotte.

Nota per le donne: se noti alterazioni importanti del ciclo, o segnali di bassa disponibilità energetica, non forzare: serve un lavoro dedicato e spesso multidimensionale. Se vuoi un punto di partenza per capirci: amenorrea ipotalamica.

FAQ

Low fat = high carb?
Spesso sì, per semplice aritmetica: se togli molti grassi, qualcosa deve “riempire” l’energia. Ma non è obbligatorio che diventi “high”: puoi anche restare moderato.

Come definisco “low carb” in modo sensato?
Come un range operativo: abbastanza basso da cambiare i segnali (fame, energia, glicemia), non così basso da farti crollare. Per molti, sotto 130–150 g/die è “low”, ma la risposta personale conta più dell’etichetta.

Devo contare grammi per forza?
No. Puoi usare porzioni e routine ripetibili. Contare può aiutarti all’inizio per avere un riferimento, poi l’obiettivo è saper gestire senza calcolatrice.

Taglio i carbo e la bilancia scende subito: è grasso?
Spesso no: molto è acqua e glicogeno. Se vuoi capire bene cosa sta succedendo: tagli i carbo e pesi meno: non è dimagrire.

Low carb è uguale a chetogenica?
No. La chetogenica punta alla chetosi nutrizionale con carboidrati molto bassi; low carb è un range più ampio e flessibile. Se ti interessa la differenza senza dogmi: chetosi ≠ keto diet.

Se mi alleno forza/HIIT devo essere high carb?
Non necessariamente. Ma se vuoi qualità e progressione, spesso serve che i giorni “alti” esistano e siano messi vicino alle sedute chiave.

Colesterolo: meglio low fat o low carb?
Dipende dal profilo individuale e, soprattutto, dalla qualità dei grassi. In generale, ridurre saturi e aumentare insaturi è una mossa più affidabile che scegliere una bandiera. Approfondimenti: colesterolo e grassi saturi.

Allenarsi a digiuno è obbligatorio nei giorni low?
No. Per alcuni è gestibile, per altri peggiora qualità e recupero. Se ti interessa il tema con più sfumature: digiuno intermittente.

E alcol/dolci nei giorni high?
Se scegli di inserirli, meglio farlo dentro pasti completi e lontano dalle sedute più importanti. Per la parte “vita reale” (pasto libero, vacanze, flessibilità): pasto libero e alcol e fitness.

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