Se chiedi alla maggior parte delle persone dove va a finire il grasso corporeo quando dimagrisci, i più non sanno risponderti e quel qualcuno che crede di sapere la risposta ti dice che si trasforma in energia. Ma questo non è vero.
Il grasso che perdi lo ritrovi come anidride carbonica e vapore acqueo nell'aria che espiri. Guarda il video qui sotto per capire un po’ meglio il processo; se non vuoi guardarlo tutto, vai direttamente all'esperimento col palloncino e l'azoto liquido (tempo: 9:50):
Forse stai pensando che questo è solo un esperimento affascinante, ma averlo introdotto ci porta a un concetto fondamentale per quanto riguarda metabolismo e flessibilità metabolica: il coefficiente respiratorio o Respiratory Exchange Ratio (RER).
Il RER è il rapporto tra l’anidride carbonica (CO2) consumata e l’ossigeno (O2) utilizzato dal nostro corpo: RER = CO2 / O2. Poiché l’utilizzo di O2 e il consumo di CO2 dipendono da “dove” l’organismo ricava energia, grazie al RER si può stimare "a che punto" si trova il metabolismo in termini di utilizzo dei substrati energetici, cioè se sta usando più grassi (acidi grassi), più carboidrati (glucosio) o più proteine (aminoacidi).
Più è alto il RER (~ 1.0) in un dato momento, più il metabolismo è "brucia zuccheri" in quel momento. Più è basso (~ 0.7), più il metabolismo è "brucia grassi". Ma in che modo l’organismo passa dall’uno all’altro metabolismo, con che velocità e quali sono le implicazioni?
La flessibilità metabolica: cos’è?
Se considerassimo l'organismo un sistema che risponde immediatamente agli stimoli, allora passerebbe da uno stato all'altro - da un metabolismo brucia zuccheri a un metabolismo brucia grassi e viceversa - in base alla disponibilità di nutrienti in un batter di ciglia. Un pasto con più carboidrati farebbe spostare il RER a 1. Subito dopo, il RER tornerebbe a 0.7.
In realtà, il corpo non risponde con questa immediatezza. Se vogliamo descrivere una situazione ottimale, possiamo pensare a quella in cui il passaggio è "abbastanza veloce": fai un pasto che contiene carboidrati, il metabolismo da brucia grassi passa a brucia zuccheri e lì rimane per qualche ora (3-4); dopo, torna a "brucia grassi".
Quanto descritto significa avere una buona flessibilità metabolica e ci permette anche di definire la flessibilità metabolica stessa:
La flessibilità metabolica è la capacità delle cellule - e del corpo intero - di passare prontamente da un substrato all'altro (da grassi a zuccheri e viceversa).
Anche se questo è il modo in cui il nostro corpo dovrebbe funzionare, la condizione di "buona flessibilità metabolica" non è scontata e, oggigiorno, va guadagnata (e mantenuta) con un po' di impegno e pazienza.
Flessibilità metabolica, digiuno e pasti
Molti “guru” ti dicono che non c’è differenza se fai più o meno pasti, sul tuo metabolismo, perché “tutto ciò che conta è il deficit calorico”. Come puoi già notare da quanto appena letto, questo è assolutamente irrealistico.
Il fatto che l’organismo “ci metta un po’” ad entrare in un certo metabolismo e poi uscirne, ti fa capire che, in effetti, qualcosa come lo stare a digiuno o con pochi carboidrati un po’ più a lungo del solito ti è utile in termini metabolici e di miglioramento della flessibilità metabolica.
Questo perché eviti che l’organismo faccia dentro e fuori da un metabolismo all’altro (appunto, “brucia zuccheri” e “brucia grassi”), e piuttosto resti più a lungo nel metabolismo che vuoi favorire (quello “brucia grassi”).
È un po’ come cuocere una torta a lievitazione: una volta infornata, meglio non aprire il forno prima che l’impasto si sia “fermato”, altrimenti si sgonfierà e risulterà una ciabatta.
Succede questo per via delle reazioni chimiche tra lievito e farina al caldo del forno: anche per il metabolismo si tratta di reazioni chimiche, al caldo del corpo e un po’ più complesse, per le quali non puoi trascurare tempistiche e velocità.
Come puoi vedere dal grafico qui sotto, esistono diversi “stadi” per la flessibilità metabolica: flessibilità metabolica ottimale (flessibile, viola): inflessibilità metabolica vera e propria (inflessibile, rosso) e inflessibilità metabolica che possiamo definire intermedia (intermedio, arancio).
L’inflessibilità metabolica intermedia è importante da considerare perché è quella a cui tutti coloro che “non nascono magri” (cioè non hanno la tendenza a mantenere bassi livelli di grasso corporeo), si trovano quando poi dimagriscono: la linea è solo un esempio, ognuno si può trovare su una qualche altra linea compresa tra il massimamente flessibile e il massimamente inflessibile a livello metabolico.
Siccome tra chi “non nasce magro” ci siamo tutti noi comuni mortali che per stare in forma un minimo si son dovuti e si devono impegnare, ecco perché capire cosa significa flessibilità metabolica intermedia è importante.
Oltretutto, che ci sia una via di mezzo, ci fa capire che c’è differenza tra “essere magri” ed “essere dimagriti”: se prendi due persone, a parità di condizioni fisiche, ambientali, di stile di vita, insomma, tutto, con la differenza che a quelle condizioni una ci è sempre stata e l’altra ci è dovuta arrivare, quest’ultima faticherà sempre un po’ di più rispetto alla prima per mantenere buoni livelli di forma fisica e benessere.
Comincia a essere chiaro che la flessibilità metabolica sia un concetto che faresti meglio ad approfondire; perciò, diamoci da fare.
Perché la flessibilità metabolica?
Se hai già sentito parlare di flessibilità metabolica, forse l’hai sempre vista associata al concetto di “bruciare più grasso” o comunque dimagrire. Ma la flessibilità metabolica è qualcosa di molto più profondo: è vero che dimagrimento e ricomposizione corporea possono essere visti in chiave profonda (molto più che forma fisica), ma in ogni caso avere buona flessibilità del metabolismo non ti serve solo per quello.
Quel “bruciare più grasso” va analizzato più a fondo. Quando le cellule sono poco capaci di “bruciare grassi”, cioè utilizzare i grassi per ricavarne ATP (la moneta energetica del nostro corpo), esse entrano in uno stato di cosiddetta confusione metabolica.
In quel momento, hanno poca ATP, quindi cercano di produrla ma hanno stimoli contradditori: dall’esterno il segnale è di produrre ATP a partire dagli acidi grassi, che sono presenti in abbondanza; dall’interno il segnale è di produrre ATP dal glucosio, perché produrla dagli acidi grassi sarebbe dispendioso in quanto non sono ben adattate a farlo.
L’altro problema è che il glucosio fatica a entrare nelle cellule proprio per via della presenza degli acidi grassi: le cellule, quindi, private della possibilità di produrre ATP efficacemente e con questo impoverite di energia, inviano un contro segnale all’organismo che c’è bisogno di altro nutrimento, sotto forma di altro glucosio.
Per questo si crea un cosiddetto ingorgo metabolico: ci sono tanti elementi che potrebbero avanzare, ma nessuno di loro riceve uno stimolo chiaro per farlo e perciò tutti restano bloccati.
Quando parli di metabolismo bloccato inconsapevolmente fai riferimento a questo: non è che manca qualcosa perché tutto scorra, è che tutto ciò che c’è è in una sorta di stasi. E questo non influenza solo quanto grasso corporeo accumuli o massa muscolare perdi: ne va di fitness e forma fisica a tutto tondo.
Per questo la flessibilità metabolica è l'obiettivo primario che dovresti avere in mente sempre, non solo quando hai “il metabolismo bloccato”, questo che tu voglia sentirti bene, migliorare il fisico o aumentare le performance sportive.
Alla base di tutti questi obiettivi derivati vi è infatti la salute delle cellule, e questa è determinata da quanto brave sono a ricavare energia (o meglio, ATP) anche in assenza di nutrimento costante dall’esterno.
Se la tua “salute metabolica” non è ottimale, nessuno di quegli obiettivi è realmente raggiungibile o, se lo raggiungi, non è mantenibile. Già è una fatica mantenere i risultati, se cerchi di farlo in condizioni di scarsa flessibilità metabolica, il fallimento ce l’hai scritto proprio nelle cellule.
Un primo rudimentale modo per capire se hai o non hai buona flessibilità metabolica è rispondere alla domanda:
Dopo 5-6 ore che non mangio, il mio corpo mi dà la stessa energia che mi avrebbe dato se avessi mangiato?
Se la risposta è no, è probabile la tua flessibilità metabolica non sia così buona. Non è l'unico parametro da valutare, ovviamente, ma è un buon parametro: se ti capita di non mangiare per 8, 12 o anche 24 h, al di là di piccoli fastidi e cali, dovresti avere comunque buoni livelli di energia per affrontare gli impegni quotidiani.
Una nota è doverosa qui: i vari fit-fluencer o altri modelli con fisico mozzafiato, che se non mangiano ogni 2-3 ore svengono o diventano irascibili, hanno pessima salute metabolica e prima o poi quel fisico mozzerà il fiato per altri motivi.
Ingorgo metabolico: semafori e vigili
Quando c’è un ingorgo del traffico, ad esempio ad un grande incrocio, servono dei semafori e dei vigili: i semafori segnalano alle auto quando procedere, i vigili segnalano alle auto dove andare. Il problema però è sapere come temporizzare il semaforo e come istruire i vigili affinché lo “sblocco” sia efficiente e non ne crei un altro più a valle.
Non esiste una risposta precisa né una risposta migliore su come costruire questo segnale (o codice) di “sblocco metabolico”, perché i fattori sono molteplici. Saremmo poco onesti, poi, a dire che si può costruire il segnale di sblocco metabolico perfetto con un “protocollo di dieta, allenamento e integratori per la flessibilità metabolica”.
Ne parleremo, questo è vero, perché se ora hai il focus su “dieta, allenamento, integratori per la flessibilità metabolica”, non parlarne significherebbe lasciarti ai cialtroni che ti portano fuori strada. Ma lo faremo dopo un excursus su tutte le altre cose a cui dovresti pensare se ti trovi o tendi a trovarti in condizioni di scarsa flessibilità metabolica.
Il bluff sulla flessibilità metabolica
Ti chiediamo di fermarti un attimo a riflettere sul concetto di flessibilità metabolica e la sua connessione col coefficiente respiratorio, come presentato prima. Pensa soltanto ai termini, metabolismo, respirazione, flessibilità… Termini grandi, termini importanti, eppure, quando vai sul web e cerchi “flessibilità metabolica” ti trovi di fronte una caterva di articoli che fanno perno sempre e solo su “dieta, allenamento e integratori per migliorare la flessibilità metabolica”.
Com’è possibile che qualcosa che ha a che fare con tutta la “salute metabolica”, possa trovare soluzione soltanto in ciò che introduci con la dieta e nel modo in cui fai esercizio fisico? Infatti, la soluzione non si trova solo lì e, anzi, “applicare” certe strategie dietetiche e di esercizio fisico o prendere integratori senza prima aver pensato anche a qualcosa che è più a monte, può essere fallimentare, generare un sacco di frustrazioni extra, e aumentare le difficoltà a migliorare la flessibilità metabolica successivamente.
È come piantare dei semi in un terreno prima di bonificarlo: oltre a buttare via tempo, si deteriora ancora di più il terreno rendendo la bonifica ancora più difficile.
Argomentare in senso completo tutto ciò che determina i cambiamenti della flessibilità metabolica non è certamente possibile, per cui iniziamo a ragionare partendo da questa immagine:
In essa, trovi una serie di dinamiche interagenti dove nessuna è più importante delle altre e tutte lo sono insieme. Cerchiamo di dare un senso al tutto partendo dal discorso che abbiamo iniziato in questo articolo e cogliendo tutte le sfumature presentate nell’immagine.
Respirazione e ossigenazione
Se la flessibilità metabolica e il coefficiente respiratorio hanno a che fare con l’utilizzo dei substrati energetici da parte delle cellule del nostro corpo, qualcosa ci fa capire che “respirazione” è una parola chiave. Di fatti, lo è: respirare in senso fisiologico non ha il significato della stessa parola nel linguaggio comune, dove per “respirare” intendiamo l’atto di incamerare aria e poi espellerla.
In Fisiologia, esiste proprio una definizione di respirazione cellulare, che indica le fasi attraverso cui la cellula produce ATP - la “moneta” energetica del nostro corpo. L’altra parola chiave della flessibilità metabolica è ossigenazione, in quanto nella respirazione cellulare avvengono una serie di reazioni in cui l’ossigeno (come atomo chimico) gioca un ruolo chiave.
Se la flessibilità metabolica è scarsa, pur non sapendo se sia nato prima l’uovo o la gallina, possiamo dire che il livello di ossigeno che arriva alle cellule non è sufficiente a garantire la completa ossidazione (che richiede ossigeno) degli acidi grassi: le cellule non riescono a “bruciare i grassi” perché non riescono a “respirare”.
È lo stesso principio alla base della differenza tra sforzo aerobico e sforzo anaerobico: se inizi a camminare, la contrazione muscolare è blanda e può essere sostenuta dall’ossidazione degli acidi grassi perché c’è ossigeno a sufficienza, portato dal sangue che può fluire liberamente.
Se aumenti il ritmo fino a correre e poi fare scatti brucianti, l’afflusso di sangue ai muscoli coinvolti non è sufficiente a garantire l’ossigeno richiesto per quella contrazione così il sistema va in anaerobiosi smettendo di “bruciare grassi” e iniziando a “bruciare zuccheri” (glucosio precedentemente conservato nei muscoli).
Energia e accumulo di grassi
Ma perché la cellula dovrebbe utilizzare glucosio quando c’è ampia disponibilità di acidi grassi e non c’è bisogno di contrazione veloce? La cellula si trova in un mismatch informativo o confusione metabolica, come già detto prima: da un lato, internamente, il segnale è di produrre ATP e farlo dagli zuccheri; dall’altro, esternamente, il segnale è di utilizzare acidi grassi.
Questa “confusione metabolica” porta la cellula a segnalare che, pur essendoci già, occorrono altre scorte, altro glucosio, altri zuccheri: la fame atavica volta a zuccheri e carboidrati di chi ha scarsa flessibilità metabolica e non mangia da sole 3 ore o meno è dovuta a questo.
D’altro canto, c’è pure ampia disponibilità di acidi grassi che, non utilizzati, vengono accumulati sotto forma di trigliceridi sia nel grasso corporeo che nel tessuto muscolare, dove diventano IMTG o trigliceridi intramuscolari. Gli IMTG non sono problematici di per sé, ma se non c’è capacità di usarli rischiano di marmorizzare il tessuto muscolare (proprio come una bistecca) riducendone le capacità contrattili.
Efficienza muscolare e diaframma
Il diaframma è un muscolo e non è immune da questo processo di “marmorizzazione” che ne riduce l’efficienza contrattile. Un diaframma meno capace di contrarsi a dovere fa sì che vengano coinvolti muscoli respiratori accessori, aumentando le richieste energetiche e di conseguenza la disperata richiesta delle cellule di più energia, più glucosio, più zuccheri.
Al contempo, riducendo l’efficienza degli atti respiratori in sé: ad ogni respiro non viene incamerata un’adeguata quantità di ossigeno e non viene espulsa la quantità di anidride carbonica che sarebbe bene espellere; si viene a creare una condizione di ipossigenazione e così il circolo diventa vizioso.
Oltre a questo, l’impegno respiratorio “futile” porta a una paradossale e progressiva riduzione dei livelli energetici: energia ce n’è in abbondanza, ma le cellule non sanno bene come usarla perché hanno poco ossigeno e segnali contrastanti sulle risorse da utilizzare (bruciare grassi o bruciare zuccheri?).
Lucidità, emozioni e postura
Livelli energetici che calano progressivamente portano a livello generale (della persona, del suo comportamento, dei suoi modi e delle sue azioni) una riduzione della lucidità, della capacità di scegliere consapevolmente, della forza di volontà per resistere al richiamo di zuccheri e carboidrati, cosa che romperebbe un anello della catena che sorregge il circolo vizioso.
Anche il mood o stato emotivo ne risente: per quanto ci piaccia credere che le emozioni siano qualcosa di etereo la cui materia d’appoggio è lo spirito, la realtà è che le basi che le generano sono concrete e tangibili. Se hai scarsi livelli di energia fisica, probabilmente il tuo umore si flette “verso il basso”.
Una chiusura in senso emotivo si riflette in una chiusura in senso fisico, come un cambiamento di postura (pensa a come si mostra una persona spenta e schiva).
Postura chiusa che si ripercuote sul modo in cui la respirazione “funziona”: se i muscoli respiratori sono costretti a lavorare con certe angolazioni e range, diventano meno efficienti. Prova a vedere se riesci a respirare bene accovacciandoti: questa è un’estremizzazione, vero, ma considera gli effetti incrementali di un cambiamento molto più lieve (come un cambio di postura) ma protratto nel tempo.
Da qui, il ciclo si ripete: se la postura è in chiusura, la respirazione ne risente, l’ossigenazione è inferiore e…
Prima l’uovo o la gallina? Il “loop metabolico”
Come detto, non possiamo sapere se sia nato prima l’uovo o la gallina e, a dirla tutta, in senso pragmatico non ci serve neppure scoprirlo: se hai scarsa flessibilità metabolica, in quel momento non importa ricostruire lo storico per risalire al primo step che l’ha generata.
Magari in qualche momento della tua vita hai tenuto una postura chiusa un po’ troppo a lungo, da quel momento hai generato un accumulo progressivo di anidride carbonica e hai instaurato il loop metabolico che ti ha portato a peggiorare la flessibilità del tuo metabolismo. Oppure, hai iniziato a darci dentro con alimenti zuccherini e ricchi di carboidrati, in modo ripetuto.
In questo momento non importa, potrebbe casomai importarti dopo così da scoprire la “tua carenza” su un particolare specifico di questo loop e prestare nel tempo più attenzione. Quello che ti interessa se sospetti o scopri che sei in condizioni di scarsa flessibilità metabolica, è mettere a punto una strategia che non sia solo “dieta + allenamento + integratori” (come detto, potrebbe essere peggio), ma consideri più punti di vista.
Meglio agire in maniera globale con piccole azioni su ognuno di questi punti, che non agire in maniera verticale con grandi stravolgimenti su soli 2 o 3 punti come, appunto, molti ti consigliano di fare con l’uso deleterio e fuorviante di espressioni quali “reset metabolico” fatto di schemi dietetici super-dettagliati e totalmente inutili, se non proprio deleteri.
Come migliorare la flessibilità metabolica
Mettendo tutto insieme, quello che abbiamo detto ci suggerisce che, per avere e ripristinare una buona flessibilità metabolica, puoi mettere in atto questi consigli:
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Fai esercizio fisico in condizioni di bassa introduzione di carboidrati; no, non è vero che vanno usati i carboidrati per "fornire energia" prima, meglio usarli per ripristinare i serbatoi dopo: allenati prima, mangia i carboidrati poi. Approfondisci il concetto low vs high carb →
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Arriva all'esercizio fisico o a digiuno, o dopo introduzione di pasti per lo più lipidici (a base grassi); magari con grassi ad hoc come gli acidi grassi a catena media (cocco e derivati, MCT oil) e corta (burro, cioccolato fondente); non devi fare una Keto Diet, anche se puoi sfruttare il concetto di Chetosi. Scopri di più su Chetosi e Keto Diet →
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In generale, non iniziare l'allenamento con attività a bassa intensità muscolare come il tapis roulant o la cyclette; se fai attività "cardio", meglio farla dopo uno sforzo ad alta intensità, come esercizi con i pesi, a corpo libero, o anche sprint e scatti: prima solleva o spingi qualcosa, poi fai attività più blanda. Scopri di più sul “cardio per dimagrire” →
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Rendi il tuo sonno ristoratore e il risveglio energico, rispettando gli orari che il tuo corpo ti suggerisce - quando hai sonno, mettiti a letto ed evita smartphone, computer e schermi - e al mattino alzati dal letto non appena apri gli occhi, anche quando il tepore del piumone ti tiene stretto a sé. Inizia dai 23 consigli per il sonno →
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Tieni a bada lo stress imparando a gestire meglio le tue giornate, impostando i giusti orari in base alle giuste priorità per le varie attività, dividendole in attività che devi fare, che ti è utile fare e che vuoi fare. Gestisci meglio il tempo così →
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Impara a respirare correttamente così da rendere il processo automatico; richiede un po’ di impegno iniziale e poi delle “raddrizzatine” di tanto in tanto, ma imparare a respirare col diaframma è indispensabile per assicurarti di respirare davvero anche quando non ci pensi su.
- Prenditi i tuoi spazi personali lavorando sulla tua assertività; stabilire i propri confini non è semplice per nessuno, ma farlo è fondamentale per definire il tuo “senso del Sé” senza il quale sarai sempre in balìa delle emozioni altrui. Sfrutta questo manualetto sull'assertività →
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Pensa attivamente alla postura in momenti dedicati; se lavori tanto in piedi o a sedere, cerca di cambiare posizione ogni 20-25 minuti e in quei momenti pensa attivamente alla postura così da “tenerla” anche quando non ci puoi pensare.
- Dedicati allo stretching pur sacrificando parte del tuo allenamento; molte persone che si allenano, quando vanno di fretta, preferiscono evitare lo stretching e fare il loro allenamento, quando sarebbe da fare l’esatto contrario: dai priorità allo stretching.
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Il nostro articolo sulla flessibilità metabolica potrebbe terminare qua, verissimo: ma cosa facciamo, ti lasciamo ai cialtroni che si iperfocalizzano su un solo aspetto del Fitness, per loro negligenza o ignoranza?
No: ti presentiamo le strategie relative a come mangiare e come muoverti, perché se sei qui probabilmente il tuo focus era su quello ed è nostro intento darti indicazioni non pompose, ma semplici e applicabili, cosicché tu possa concentrarti anche sui consigli appena forniti e garantirti una flessibilità metabolica che duri nel tempo.
Flessibilità metabolica e dieta
Se hai già un certo background di conoscenza ed esperienza sul tema, forse nel parlarti della flessibilità metabolica, il coefficiente respiratorio, l’ossigeno e il “bruciare i grassi”, hai pensato che la strategia migliore fosse una dieta chetogenica o comunque con un ridotto apporto di carboidrati.
Non è esattamente così, ciò che conta non è tanto la quantità di carboidrati che assumi, quanto il modo e il tempo in cui li assumi.
Si tratta, cioè, di iniziare a temporizzare i carboidrati, se non lo stai già facendo, per far sì che il tuo organismo abbia sicuramente dei momenti in cui si trova con pochi carboidrati così da potenziare i processi che aumentano l’ossidazione dei grassi.
Considerando una dieta base in cui assumi bene o male carboidrati ad ogni pasto, e che ti trovi in una condizione di scarsa flessibilità metabolica, puoi seguire queste indicazioni per almeno 2 settimane:
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Togli i carboidrati da 1-2 pasti, o comunque in un periodo di 4-6 h nella tua giornata (esempio: colazione senza carboidrati), cosicché la finestra di digiuno consueta (notturna) venga estesa a 12-16 ore.
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Quindi, aumenta i carboidrati nei pasti rimanenti (esempio: pranzo con più carboidrati, cena con un po' meno); in questo modo, avrai una finestra di 4-6 h in cui saranno concentrati quasi tutti i carboidrati.
- Fai in modo che l'esercizio (quando lo fai) sia nella fase della giornata con pochi carboidrati e prima della fase con più carboidrati (seguendo il nostro esempio: prima di pranzo).
Una strategia più raffinata e avanzata (da farsi solo se hai già attuato la precedente) è costituita da queste indicazioni, che sovrascrivono le precedenti:
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Togli i carboidrati da 1-2 pasti, o comunque in un periodo di 4-6 h nella tua giornata (esempio: colazione senza carboidrati), cosicché la finestra di digiuno consueta (notturna) venga estesa a 12-16 ore.
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Non aumentare i carboidrati nei pasti rimanenti; così, tutta la giornata sarà “povera” di carboidrati (non per forza zero, possono restare frutta, piccole porzioni di legumi, se non piccole quantità di cibi densi di carboidrati all’interno di pasti completi).
- Tutti i carboidrati che avrai tolto nel corso di 2-3 giorni, mettili in una finestra temporale di 6-8 ore in cui consumerai da 1 a 3 pasti molto ricchi di carboidrati (saranno la somma di tutti quelli tolti) ravvicinati.
Questo significa che farai 2-3 giorni a meno carboidrati rispetto ad ora, il 3° o 4° con più carboidrati concentrati e così via in modo ripetuto (“ciclico”).
Flessibilità metabolica e integratori
Gli integratori potremmo definirli una sofisticatezza che dovrebbe arrivare soltanto dopo aver sistemato altre cose, questo è vero. C’è da dire che è proprio in condizioni peculiari che gli integratori acquisiscono un significato: pensa a un utensile come il cric dell’auto, di base non serve ma, quando fori, lo usi in quel momento per ripartire.
La “pericolosità” (informativa più che salutistica in sé) degli integratori che risolvono condizioni specifiche, è che il mercato ci sguazza nel creare certe associazioni: siccome il fat burner Hyper-Metabolic Igniter (nome inventato) ti ha sbloccato quando eri in una situazione di difficoltà facendoti effettivamente riprendere a perdere grasso corporeo, allora potresti associare che ti faccia perdere grasso corporeo in generale, ma così non è.
Il fatto che un integratore sia utile per “sbloccare” un meccanismo, non vuol dire che sia utile per “attivare” lo stesso meccanismo: il freno dell’auto la rallenta, si oppone al suo andare avanti; ciò non significa che premere il freno quando l’auto è ferma la faccia andare indietro, in retromarcia.
Fatta questa nota di avviso, in condizioni di scarsa flessibilità metabolica, potrebbero esserti utili questi integratori per almeno 4 settimane:
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EGCG (Epigallocatechina Gallato) nelle fasi con meno carboidrati. Stimolando precise vie metaboliche che hanno a che fare, tra l’altro, con il potenziamento dell’ossidazione dei grassi, l’EGCG accelera il processo che porta le cellule a “imparare” ad ossidare i grassi; 200-400 mg x 1-2 volte / die, lontano dai carboidrati e preferibilmente al risveglio.
L’EGCG è presente nel tè verde, ma visto che non si può ben stimare quanta Epigallocatechina Gallato riesci ad estrarre ogni volta che fai il tè (dipende dall’acqua, da pochi gradi di temperatura, pochi secondi in più o in meno di infusione e così via), visto che si tratta di una soluzione temporanea, il consiglio è utilizzare un integratore di EGCG.
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ALA (Acido Alfa Lipoico) prima o comunque nelle vicinanze delle fasi più ricche di carboidrati. L’ALA stimola le cellule del tessuto muscolare (nelle persone attive muscolarmente) ad aumentare la captazione di glucosio e nutrienti; 600-800 mg preferibilmente prima che inizi la finestra alimentare con più carboidrati o prima del singolo pasto con più carboidrati.
L’ALA è utile anche in accoppiata con la cannella e potresti trovarlo in giro proprio in combinazione ad essa; anche per l’Acido Alfa Lipoico, non trovandolo in abbondanza nei cibi, consigliamo l’utilizzo di un integratore di ALA.
Flessibilità metabolica ed esercizio fisico
Parlare di esercizio fisico per migliorare la flessibilità metabolica è decisamente complesso, perché da un lato c’è da dire che l’esercizio fisico è sempre volto al miglioramento della flessibilità metabolica, dall’altro che in condizioni in cui “è stata tirata troppo la corda”, l’esercizio fisico va adeguato di conseguenza - un po’ come in caso di stress cronicizzato.
Una linea guida per l’esercizio fisico usato per ripristinare la flessibilità metabolica non può che essere “generica”, in quanto devi essere tu ad adattare a te le indicazioni in base al tuo livello di partenza in termini di allenamento. In linea di massima, possiamo dirti di strutturare la settimana modulando soprattutto l’intensità dell’allenamento, per almeno un paio di settimane, in questo modo:
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Esegui stimoli di forza e potenza, senza esaurire le energie, nella prima parte della settimana; questo permette alla muscolatura di continuare ad essere “pronta” in merito al metabolismo dei nutrienti.
Puoi scegliere pochi esercizi che si prestano a sforzi di potenza (i salti, gli scatti, esercizi con i pesi), eseguendoli per poche ripetizioni e un numero di serie tale da affaticarti ma non esaurirti completamente.
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Dedicati a mobilità, stretching o cardio blando a metà settimana; questo permette un miglioramento dell’ossigenazione (con tutti i vantaggi di cui abbiamo discusso nella parte più tecnica) e non mette sul tuo corpo un impegno troppo tassante.
Puoi fare dei circuiti di mobilità o di stretching, oppure dedicarti a 25-30 minuti di attività cardiovascolare blanda (intorno al 70% della tua frequenza cardiaca massima, calcolata come 220 - età).
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Fai un allenamento breve che stimoli la muscolatura fino al punto del “bruciore” verso il fine settimana; questo migliorerà la captazione dei nutrienti e in particolare del glucosio da parte del tessuto muscolare, sbloccando quel cosiddetto ingorgo metabolico.
Puoi seguire un circuito di allenamento a corpo libero dove lo sforzo percepito, su una scala da 1 (sforzo nullo) a 10 (sforzo brutale), è intorno a 6-7; in generale arriva alla sensazione di bruciore muscolare.
Riassumendo, per ripristinare una buona flessibilità metabolica, l’esercizio fisico potrebbe essere così strutturato per almeno 2 settimane:
Lun o Mar |
Mer o Gio |
Ven o Sab o Dom |
Forza e potenza |
Mobilità, stretching, cardio |
Circuiti lattacidi |
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Siamo ora più sicuri che, se proprio stavi cercando “dieta, allenamento, integratori per la flessibilità metabolica”, ora sai che devi visualizzarli all’interno di un contesto più ampio, pena rischiare di far peggio e di avere maggiori difficoltà dopo nel ripristinare la flessibilità metabolica.
Riferimenti e risorse
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